Insieme è meglio: la rete si fa strada

Varese quinta in Lombardia per numero di imprese coinvolte. Univa: «Così puntano ai mercati esteri». «Laboratorio con pochi paragoni». Orsi (Cna): «Si può fare di più». Colombo: «Più investimenti»

– Reti di impresa, Varese è la quinta provincia in Lombardia. «Più dei numeri», ammonisce però il presidente di Univa Giovanni Brugnoli, «ciò che colpisce è il motivo per cui nascono».
Intanto, però, ci sono i dati, raccolti da Intesa San Paolo nel suo quinto osservatorio sulle reti di impresa in Italia. Stando ai quali sono 127 le aziende varesine che hanno aderito ad una rete. E sono 64 i network di imprese a livello nazionale che vedono protagonista almeno una realtà con sede legale a Varese.
Numeri che fanno di questa provincia la quinta a livello regionale. La quarta se si tiene conto che Milano assorbe un terzo delle imprese coinvolte una rete, con dimensioni non paragonabili a quelli delle altre realtà territoriali. Tolto il capoluogo, meglio del Varesotto fanno Brescia, Bergamo e Monza-Brianza.

Detto dei numeri, ecco le motivazioni. «Da noi le imprese fanno rete sull’acquisto di materie prime, sull’alleanza tra concorrenti per lo sbarco comune sui mercati esteri». Tema, quest’ultimo, «impensabile fino a qualche anno fa», sottolinea Brugnoli.
Ancora, «su progetti per innovare la fornitura alle pubbliche amministrazioni, il risparmio energetico, la formazione on-line e il welfare aziendale». Oltre «allo sviluppo e alla promozione di nuovi prodotti, dal design fino alle campagne di comunicazioni».

Lungo elenco, quello di Brugnoli, che porta il presidente di Univa ad affermare come «Varese si conferma un laboratorio imprenditoriale con pochi paragoni». Dove a colpire, più che le dimensioni di un fenomeno «ancora di nicchia», è piuttosto «l’alto tasso di innovazione con cui viene oggi vissuto il ruolo di imprenditore, anche sul lato culturale».
In questo quadro fatto di grandi potenzialità, l’unica stonatura riguarda «un calo di tensione da parte delle istituzioni che all’inizio sembravano sostenere con più

forza e più risorse questo nuovo strumento». Mentre oggi «vediamo un po’ tirare i remi in barca, sia sul fronte delle agevolazioni fiscali sia sulla dote messa a disposizione con bandi pubblici».
«Se guardo ai numeri, direi che siamo solo all’inizio», afferma Franco Orsi (Cna), «per gli artigiani e le micro imprese, fare rete oggi è ancora un discorso ostico». Il problema è culturale: «Quelli che potrebbero essere potenziali partner vengono ancora percepiti come concorrenti». Con i quali difficilmente si ha voglia di cooperare.

Qualcuno però «comincia a capire che questa è l’unica soluzione per aggiudicarsi appalti importanti e affrontare il discorso dell’internazionalizzazione». Succede ad esempio nel settore della meccanica. Dove «invece di rinunciare a una commessa perché non si ha la forza di investire in personale e macchinari, ci si mette in rete».
E questo non è l’unico vantaggio: «Insieme», afferma Mauro Colombo, dg di Confartigianato, «si abbattono i prezzi e i costi, si può fare ricerca e sviluppo, si facilita l’innovazione e si promuovono meglio i propri prodotti sui mercati esteri». Soprattutto «ci si può permettere investimenti che, da soli, sono inimmaginabili».
Due le reti lanciate dagli artigiani: Gea nel settore alimentare, Ecos nella bioedilizia. «La rete», ammonisce però Colombo, «non nasce subito, né per caso: la conoscenza porta gli imprenditori a pratica quella rete informale per ottimizzare conoscenze e risorse. Relazioni trasversali e diffusione delle idee: questa è la rete».