La “preferenza indigena” che favorisce i frontalieri

Il paradosso ticinese dopo il referendum del 2014 e in attesa dell’applicazione della nuova legge

Frontalieri, ancora polemiche oltre il Gaggiolo: le forze politiche che sostennero il referendum contro l’immigrazione del 9 febbraio 2014 si accorgono che la nuova legge sulla “preferenza indigena” in realtà favorisce i lavoratori frontalieri.

A rinfocolare le polemiche su un tema che tra Chiasso e Bellinzona è sempre molto caldo sono state le dichiarazioni che il direttore della Camera di Commercio del Ticino ha rilasciato ieri al Giornale del Popolo, a proposito dell’applicazione della legge “del 9 febbraio”, che costringerà il Cantone ad assumere nuovi addetti agli uffici di collocamento: «Tutte queste difficoltà non mi stupiscono, sono la dimostrazione che quando la politica parla senza cognizione di causa, le presunte soluzioni sono peggiori del problema che si vuole risolvere – le parole di Luca Albertoni – l’ho detto e lo confermo: la cosiddetta “preferenza indigena light” presenta una serie di paradossi, uno tra questi è senz’altro la creazione di una burocrazia insostenibile».

La frase che ha fatto infuriare la destra ticinese è soprattutto quella secondo cui «le soluzioni apparentemente semplici spesso non lo sono, anzi, creano solo burocrazia che va a scapito dei lavoratori indigeni». Sì, perché la beffa, per chi aveva promosso l’iniziativa contro l’immigrazione del 9 febbraio 2014, è che proprio quei lavoratori svizzeri che avrebbero dovuto essere tutelati rispetto alla concorrenza dei frontalieri potrebbero essere addirittura penalizzati dalla nuova legge. La “preferenza indigena light”, la soluzione adottata dal Parlamento in applicazione dell’iniziativa

contro l’immigrazione di massa, entrerà in vigore dal primo gennaio 2018. Da quella data i datori di lavoro saranno obbligati ad «annunciare loro tutti gli impieghi vacanti quando la disoccupazione nel settore professionale in cui operano supererà il 5%». Un meccanismo che però, dalle stime che circolano, costringerebbe da un lato ad assumere 270 nuovi funzionari agli Uffici regionali di collocamento (URC), ma dall’altro farebbe anche sì che un frontaliere iscritto al collocamento finisca per essere favorito rispetto ad un residente senza lavoro non iscritto. Ecco perché per , dell’Udc, il partito che insieme alla Lega dei Ticinesi aveva promosso il referendum del 9 febbraio, la nuova legge rappresenta «un tradimento» in quanto avrebbe «creato una corsia preferenziale per i frontalieri. Non solo continueranno ad avere una preferenza rispetto alla manodopera residente, ma i datori di lavoro potranno giustificarsi dicendo di assumerli compatibilmente alla legge d’applicazione del 9 febbraio, tramite gli URC». Anche il leghista ticinese che definisce un «bidone» la “preferenza indigena light”, ammette che «il compromesso-ciofeca, contro il 9 febbraio e chi lo ha voluto, favorisce i frontalieri a scapito dei residenti». Se per i nostri 27mila lavoratori che si spostano quotidianamente oltre il confine sembra scongiurato un pericolo, all’orizzonte se ne materializza subito un altro: Udc e Lega ventilano la possibilità di un referendum contro la libera circolazione delle persone.