L’Italia è preda Non predatore

Perché spesso le aziende italiane sono oggetto di acquisizione e più raramente ne sono le promotrici? Il fenomeno come sempre è complesso e dalle mille sfaccettature, ma certo non si può affermare che l’Italia sia tra le protagoniste del cosiddetto mercato delle fusioni e acquisizioni, specialmente se analizzato in un’ottica crossborder.

Quanti gioielli italiani sono infatti finiti nelle mani di società straniere e viceversa? Per dare una risposta alla domanda mi concentrerei sui seguenti elementi, tutti in relazione tra di loro: il piccolo è bello non funziona più, le imprese generano scarsi livelli di redditività con la derivante difficoltà nel generare cassa, l’accesso al credito. Vediamoli uno alla volta. Piccolo è bello non funziona più; penso sia evidente a tutti coloro che guardano con una certa oggettività al mercato. Quanto l’economia cresce, alla fine c’è spazio un po’ per tutti perché la domanda “tira” l’offerta. Da qui il proliferare di molte piccole e micro imprese. Quando l’economia decresce, i mercati, soprattutto quelli maturi, si consolidano.

Come? Se la torta non diventa più grande, mi devo mangiare la fetta di qualcun altro. Tradotto: le grandi aziende comprano le piccole. Secondo punto: la scarsa redditività e la difficoltà a generare cassa. La media delle marginalità lorde (il famoso Ebitda per gli addetti ai lavori) delle imprese italiane è stabilmente al di sotto del 10%. A questa devo ancora togliere gli interessi finanziari e le imposte. Mi rimane si e no tra l’1% e il 3% dei ricavi. Con questa marginalità e quindi con la poca cassa che ne deriva come posso pensare di affrontare serenamente un’acquisizione?

Potrei andare in banca e così arriviamo al terzo punto: l’accesso al credito. È ampiamente ed empiricamente dimostrabile che l’attività di compravendita tra imprese aumenti all’aumentare della disponibilità di debito, cosa tutt’altro che scontata in questa fase di mercato. Il risultato di tutto ciò è davanti agli occhi: la grande qualità e creatività italiana, l’attenzione al dettaglio nonché i marchi che più ci rappresentano stanno finendo uno dopo l’altro nelle mani di compratori d’oltreconfine.

© riproduzione riservata