«Renzi, io ti scrivo e dico: le tasse non le pago più»

Licenziato nel 2011, Michele Liati ora ha aperto una casa editrice: «Sono obiettore fiscale: è illegittimo quello che mi chiede lo Stato»

– «Caro Renzi, ti scrivo. Sono un obiettore fiscale». Michele Liati, da Carnago, sfida lo Stato tassatore. Licenziato nel 2011 dall’azienda per cui lavorava, si è reinventato aprendo una piccola casa editrice, Libreria San Giorgio, che pubblica testi di ispirazione libertaria, due dei quali (uno di Frederic Bastiat, il filosofo che fece diventare repubblicano Ronald Reagan) inviati in omaggio al presidente del consiglio Matteo Renzi, in una lettera-denuncia spedita in concomitanza con le votazioni per il Quirinale.
«Oltre che editore, attualmente sono anche un “obiettore fiscale” – così Michele Liati si presenta al premier – forse qualcuno mi definirebbe addirittura “evasore”, ma il nome è sicuramente improprio, dato che la mia azione è fondata su seri motivi e, come vede, dichiarata, e quindi pubblica. Quali sono questi motivi? Semplice, ritengo illegittima, e quindi infondata, la pretesa dello Stato ad avere soldi da me. Da qualche anno non verso un centesimo di quanto mi si chiede».

Un’obiezione, ammette Liati, che «per ora si limita solo a qualche tributo locale, non potendo invece “evadere” le imposte indirette. Per quanto riguarda invece gli altri tipi di contribuzione, imposte dirette e contributi, devo invece ringraziare proprio lo Stato e i sindacati che, avendo contribuito ad azzerare il mio reddito hanno anche azzerato la mia capacità contributiva».
Le ragioni sono di principio: «Se i beni, i diritti, e le stesse vite dei cittadini sono continuamente calpestate dallo stato, non vi è alcuna differenza con un’associazione a delinquere – spiega Liati – per impedire che questo accada devono sussistere alcune condizioni, di tutela dei diritti e delle libertà dei cittadini».

«Le azioni dello Stato devono essere “legittimate” dalla legge, le leggi dovrebbero essere conformi ai principi costituzionali, i principi costituzionali devono essere fondati sul rispetto dei diritti fondamentali e naturali dei cittadini. E lo Stato italiano non le ha quasi mai rispettate».
Lo dimostra la vicenda stessa del piccolo imprenditore di Carnago: «Fino al 2011 – fa sapere a Renzi – lavoravo per una azienda, con un contratto a tempo indeterminato. Un posto fisso,

quello che molti considerano intoccabile».
«Eppure l’ho perso, sono stato licenziato, per motivi politici e antisindacali, violando norme contrattuali, regole sindacali e leggi dello stato, e proprio grazie ai sindacati e allo stato. La mia colpa? Aver cercato di competere con sindacati che, a mio giudizio, non potevano rappresentare i miei interessi».
Per protestare contro l’ingiustizia subita, nel 2011, Michele scrive «alle cosiddette istituzioni», e accompagna le sue lamentele «con una forma di protesta del tutto pacifica, correndo da Milano a Roma». Come un Forrest Gump nostrano. «Risultato? Non ho avuto alcuna risposta – spiega Michele Liati – persino la Presidenza della Repubblica, che dovrebbe essere il garante della Costituzione, e quindi della legalità e dei diritti dei cittadini, se n’è lavata le mani».
Ecco perché, per «opporsi al dilagare dell’ingiustizia», Michele proseguirà con la sua obiezione fiscale.
«Non è assoluta, contro la contribuzione in generale – precisa Liati – riconosco come legittima una contribuzione chiesta da uno stato legittimo, secondo le condizioni descritte. Quindi, i soldi che per ora trattengo, non li veda come una evasione fiscale, li consideri piuttosto una cauzione».