Restauratori da quarant’anni «La bellezza non va in crisi»

Michele Barbaduomo e Gigi Reina sono moderni “Monuments men”, i soldati che durante la Seconda guerra mondiale salvavano le opere d’arte dalla distruzione e dalla razzia dei nazisti. Loro però combattono una guerra contro il tempo che corrode, danneggia e a volte distrugge le opere d’arte.

Sono restauratori, orgogliosi di essere artigiani e di portare avanti una tradizione tutta italiana. La loro azienda, la San Gregorio, è a Busto Arsizio dove è nata oltre quarant’anni fa prendendo il nome dalla via che ospitò il primo laboratorio fondato da Bernardo Carli.

«C’è stato un passaggio epocale alla fine degli anni ’80, quando la figura dell’artigiano restauratore, intesa come vecchio saggio, non reggeva più. Da quel momento in poi ci mettono il camice bianco e diventiamo tecnici. Seppur importante, non basta essere tecnici, perché in questo lavoro occorre avere gusto e sensibilità. Un tempo l’artista doveva conoscere molte cose, tutti i passaggi dell’opera erano nella sua testa. Oggi l’organizzazione del lavoro ti impone una visione diversa», spiega Reina.

Il lavoro negli anni è cambiato: «Tantissimo, per due motivi. Primo, perché si impara sempre: ogni chiesa, ogni affresco, ogni opera è una scoperta nuova. Secondo, perché l’impatto dell’innovazione tecnologica è stato molto forte: da una parte c’è l’informatica che ti permette di fare riproduzioni virtuali delle varie tipologie d’intervento; dall’altra ci sono analisi chimiche e materiali innovativi, che permettono di intervenire anche su restauri precedenti. La stratificazione testimonia gli interventi».

E come intervenire è tutto un prodotto artigianale: «Se tocchi un intonaco del ‘600 lo puoi capire. Sono lucidi, perfetti, come se fossero stati fatti ieri. E se li analizzi bene puoi riconoscere anche gli attrezzi usati all’epoca dei lavori. Lo stesso avviene con gli affreschi, sfiorarli è come sfiorare il corpo di una bella donna, avverti una bellezza che promana dalla materia. Ecco perché questo è un lavoro artigiano: c’è una conoscenza sedimentata nel tempo e un saper fare che la valorizza. E preservare tutto questo è un nostro dovere».

Infine la crisi. Come vincerla? «Tutti i giorni riceviamo richieste di colleghi che cercano lavoro. La crisi ha ammazzato soprattutto i piccoli, chi era strutturato come noi è riuscito a tenere il mercato grazie a una serie di commesse prese prima e a una solida reputazione costruita in 45 anni di lavoro. Attualmente abbiamo 5 dipendenti e appalti in cantieri esterni e anche in laboratorio», conclude Reina.

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