Saltano le trattative sul contratto. I tessili danno il via alla protesta

La mobilitazione dei lavoratori avrà luogo domani, venerdì 13 gennaio, per il mancato accordo

Nulla da fare: le posizioni per il rinnovo del contratto dei tessili, scaduto ormai da oltre dieci mesi, sono ancora molto distanti. «E i lavoratori sono stanchi, dopo mesi di attesa, di vedere ancora questa arroganza e questa chiusura nelle trattative» sottolinea Daniele Magon, segretario della Femca Cisl dei Laghi «parliamo di lavoratori che in questi anni hanno dato tanto a questo settore». E così venerdì 13 tutto il comparto del tessile, abbigliamento e calzature incrocerà ancora le braccia dopo lo sciopero dello scorso mese di novembre: sono state infatti proclamate otto nuove ore di sciopero a livello nazionale da parte di tutte le sigle sindacali unitariamente. «Da Varese e da Como partiranno due pullman più qualche macchina – spiega Magon – per andare a manifestare a Firenze», dove si terrà la manifestazione nazionale, in concomitanza con l’importante evento della moda italiana Pitti Uomo.

Sono coinvolti nel nostro Paese oltre 420mila addetti in oltre 47mila imprese nel tessile e abbigliamento e 80mila addetti in più di 5.800 imprese in quello delle calzature, mentre sono circa ottomila i lavoratori in attesa sul nostro territorio: «I lavoratori stanno vivendo un forte disagio – aggiunge Magon – e sono lavoratori che hanno sempre dimostrato una grandissima disponibilità, in uno dei comparti dove si guadagna di meno, eppure c’è una totale mancanza di apertura nel confronto per il rinnovo».

Altre categorie, ricorda il segretario di Femca «si sono avvicinate ad una soluzione, mentre da noi c’è ancora molta distanza». E non solo sulla parte salariale, ricorda Magon «ma anche su una serie di diritti che i lavoratori si sono guadagnati in anni di fatica». E dopo mesi di trattative, accusano le tre sigle sindacali, Filctem-Cgil, Femca-Cisl, Uiltec-Uil «l’associazione imprenditoriale confindustriale Sistema Moda Italia (Smi) conferma la sua proposta di un modello salariale in cui eventuali aumenti retributivi verrebbero misurati ex post alla durata triennale del contratto: inaccettabile». Il salario, aggiunge Emilio Miceli (Filctem-Cgil) «non deriva da un’equazione, è figlio della contrattazione. Questo è l’asse portante della nostra politica contrattuale». Da qui arriva anche la distanza delle posizioni: «Il modello che ostinatamente Smi-Confindustria ci ripropone non è il nostro modello – incalzano i segretari generali delle tre sigle sindacali di categoria – non siamo disposti a prendere in prestito modelli salariali da nessuno. La nostra storia contrattuale è una storia importante ed ha una tradizione di relazioni industriali che va rispettata, non tradita».

Il settore tessile in questi anni ha subito pesantemente gli effetti della crisi, anche sul nostro territorio, dove hanno chiuso numerose imprese e si è ridimensionata l’intera filiera. Ma resta un comparto importante e strategico, dove la qualità e l’innovazione premiano, anche sui mercati esteri. La moda italiana resta infatti un marchio distintivo desiderato e forte: secondo i dati elaborati dalla Camera di Commercio di Milano supera i 9 miliardi in nove mesi l’export lombardo. Principali clienti sono Francia, Hong Kong e USA. Crescita a due cifre per Canada (+20%), Corea (+18%) e Giappone (+13%). Sono circa 34.500 le imprese attive nel settore della moda in Lombardia, di cui quasi 14 mila nella produzione moda e oltre 20 mila nel commercio e design. Dopo Milano, che è prima con il 38% (13 mila) delle imprese della moda in regione, vengono Brescia con 4 mila imprese, Bergamo e Varese con quasi 3.500 per oltre 11mila addetti totali.