Tmc di Busto: chiesto il fallimento

Dopo la Imf di Creva di Luino, un’altra azienda del territorio vicina alla chiusura: in bilico 120 dipendenti

Tmc Italia Spa, 120 posti di lavoro in bilico, e altrettanti stipendi a rischio, per una «vicenda assurda e paradossale». Così il delegato sindacale della Uilm, , definisce il “caso” della Tmc di Busto Arsizio, azienda leader mondiale nel settore dei trasformatori elettrici di media potenza in resina, che ha portato i libri in tribunale dopo che è saltata la trattativa per la cessione al gruppo cinese Dangong Xintai Electric. Dopo la Imf di Creva di Luino, un altro colpo da Ko per l’industria della provincia di Varese: e anche stavolta si tratta di un’azienda sana, e in grado di stare sul mercato, inciampata in una vicenda paradossale.

Giovedì scorso, fanno sapere le organizzazioni sindacali Fiom-Cgil, Fim-Cisl e Uilm-Uil, il direttore dello stabilimento bustese ha comunicato ai dipendenti la decisione di avviare la procedura che porterà alla nomina di un curatore fallimentare. È l’ultimo passaggio, purtroppo inevitabile a detta degli stessi sindacalisti che seguono la vicenda della Tmc, dell’assurda fine di un gioiellino industriale da oltre 30 milioni di fatturato e 150 dipendenti, messo in ginocchio dalla sentenza di un tribunale svizzero che nel 2012 l’ha

condannata a pagare un conto da 6,3 milioni di euro per una sponsorizzazione sportiva al team professionistico di ciclismo MG Bike dell’ex campione svizzero ticinese Mauro Gianetti. Un contenzioso che provoca un’irreversibile crisi di liquidità, fino a mettere la gestione aziendale nelle mani dello stesso Gianetti. A dicembre, si era intravisto uno spiraglio di speranza, quando i cinesi della Dangong Xintai Electric avevano manifestato l’interesse a rilevare l’azienda, ancora nelle mani della famiglia Colombo, con una lettera d’intenti. Ma sfumata questa occasione, anche il campione di ciclismo, nel frattempo subentrato alla guida dell’azienda, ha dovuto gettare la spugna e portare i libri in tribunale. «La situazione è drammatica, perché il contratto di solidarietà è in scadenza e la richiesta di proroga ha dei tempi tecnici tutt’altro che immediati – sottolinea Otello Amabile della Uilm – se non dovesse essere prorogato il contratto di solidarietà, per 120 lavoratori significherebbe restare senza stipendio». Nel frattempo, infatti, sono una trentina i dipendenti Tmc che hanno lasciato volontariamente il posto di lavoro per accasarsi altrove. In questo momento, la produzione è praticamente ferma: si stanno completando gli ordini già presenti in casa, in attesa di sviluppi. La speranza per il futuro è che, una volta insediatosi il curatore fallimentare, l’azienda possa trovare acquirenti interessati, visto che si tratta di un leader nel settore che sicuramente potrà fare gola a tanti. Del resto, la parabola di crescita negli ultimi 15 anni era stata vertiginosa: un fatturato passato da 1,2 milioni del 2001 ad un consolidato da 30 milioni, e una forza lavoro più che triplicata, da 45 a 150 dipendenti. Cancellare con un tratto di penna un’azienda insediata in un bellissimo e nuovissimo “headquarters” nella zona industriale di Sacconago di Busto Arsizio, con sedi e filiali sparse in giro per il mondo (dal Brasile al Vietnam, dal Canada al Sudafrica), una lista di referenze che include commesse prestigiose come quella dello Shard di Londra, la torre progettata da Renzo Piano, ma anche il Quirinale e il Cern di Ginevra, apparirebbe come delittuoso, tanto più in una fase storica in cui la ripresa economica stenta a consolidarsi.