Camera di Commercio. Salviamo la varesinità

Approvato a fine agosto, il decreto di riordino delle Camere di Commercio è in viaggio verso il definitivo via libera. Il testo prevede, tra l’altro, il taglio degli enti da 105 a 60. Stando alle soglie previste per la “sopravvivenza” delle CCIAA, Varese avrebbe le carte in regola per mantenere la propria autonomia, evitando gli accorpamenti cui altre realtà verranno invece costrette. Alcune voci, però, suggeriscono una posizione tutt’altro che compatta, specie tra le associazioni di categoria,

alcune delle quali sembrano preferire l’aggregazione con altre Camere, a cominciare da Como. Ora, è vero che, a differenza di altre province italiane, il varesotto non ha mai mostrato alcuna propensione alla lobby territoriale, e che tante battaglie funzionali all’interesse varesino sono state sacrificate sull’altare di orticelli e particolarismi. Ma è altrettanto vero che, se le cose stessero come sembra, l’idea di regalare agli amici lariani un pezzo di sovranità camerale (che la riforma, al contrario, lascerebbe intatta) appare tafazziana.

Chi segue le posizioni del sottoscritto sa bene quanto io stesso mi sia più volte interrogato circa il ruolo delle Camere di Commercio. Ma se una legge di riordino, ispirata alla logica della razionalizzazione, prevede il mantenimento della struttura varesina, per altro rinvigorita da funzioni come l’alternanza scuola-lavoro e il turismo – materia che Varese ha già iniziato a declinare in maniera virtuosa grazie alla Sport Commission – allora dovremmo valorizzare ciò che abbiamo, non spartirlo coi vicini.

A meno che, perdonate la malizia, qualcuno non veda la soluzione comasca come un modo per aumentare la propria influenza.