Il calcio non ha riconoscenza. Ma chi sa sognare non smette di farlo

Il calcio non ha riconoscenza. Ieri sono stati esonerati dal Leicester Claudio Ranieri e il varesino Andrea Azzalin, mister e preparatore atletico della squadra che l’anno scorso ha realizzato il più incredibile sogno mai pensato, immaginato, sentito, vissuto. Con una squadra di scappati di casa, il cui trionfo era quotato 5000:1 (tradotto in lettere: impossibile), hanno dominato la Premier League, il campionato più difficile al mondo: dietro di loro, tutte in riga, Tottenham, Arsenal, Manchester City e United, Liverpool, Chelsea. Superpotenze del calcio mondiale, mica solo d’Oltremanica.

Ranieri e il nostro Azzalin lo hanno fatto credendo in un miracolo, trasformato in realtà con lavoro e sacrificio, spirito di gruppo e umiltà, la giusta dose di follia e un cuore grande così. Il mondo ha vinto insieme a loro, facendo esplodere di passione una città buttata nel centro dell’Inghilterra, su cui ora cadrà una maledizione sportiva peggiore di quella che colpì i Boston Red Sox nel baseball: quella era del “bambino” (e le calzette rosse non vinsero le World Series per 86 anni),

questa sarà del “grande saggio”. Cacciare Ranieri, che ha messo un puntino sul mappamondo per far sapere dove diavolo si trovi Leicester, dopo avergli dedicato statue e strade, è la dimostrazione che nel calcio non esiste gratitudine. Cacciare Azzalin, che a 31 anni è tra i migliori (e più vincenti: final eight con il Varese Primavera, primo posto in serie B francese e secondo in serie A francese con il Monaco, argento agli europei under 21 con l’Italia, campione d’Inghilterra l’anno scorso) preparatori atletici in circolazione, è la dimostrazione che nel calcio non esiste domani ma solo oggi. Poco male, per loro: trasformeranno, altrove, l’impossibile in realtà. Il calcio non ha riconoscenza. Ma chi sa sognare, non smette di farlo.