Il valore di una vita. E le sentenze scritte in rete

L’editoriale di Francesco Caielli

Quanto può valere la vita di una figlia? Nessun risarcimento, nemmeno tutto l’oro del mondo, nemmeno veder marcire in galera chi te l’ha portata via. La vita di una figlia vale qualcosa che niente e nessuno ti potrà mai restituire, ma di che cosa stiamo parlando? Riflessione che viene su dalla pancia dopo una giornata passata a riflettere, rimuginare e moderare commenti sul sito: Flavio Jeanne, che ha investito e ucciso Giada Molinaro per poi scappare e provare a nascondersi, è stato condannato a sei anni di carcere. Troppo pochi: per i genitori e gli amici di Giada, ed è un loro sacrosanto diritto pensarlo e urlarlo. Ma troppo pochi anche per gli autoproclamatisi giudici su Facebook, per i dispensatori di sentenze secondo i quali bisognerebbe “buttare via la chiave”.

Flavio Jeanne ha sbagliato. Ha sbagliato quella sera e ha sbagliato soprattutto dopo: nello scappare, nel provare a farla franca portando l’auto dal carrozziere – «Sa, ho investito un cinghiale…» – nel tappare le orecchie a chi gli supplicava di consegnarsi. Ma a stabilire quanto dovrà pagare ci penserà un giudice che avrà il compito di applicare la legge (ci sono ancora due gradi di giudizio). Le sentenze si scrivono in tribunale: non in piazza, non su Facebook.