Il Varese è di chi c’è. E sempre ci sarà

Il Varese non è quote, non è cariche, non è soldi, non è parole, non è promesse. Il Varese è passione cieca, insensata, travolgente. Quella che ha trascinato una piccola squadra di una piccola città, schiacciata tra i colossi del calcio che conta, a toccare il cielo. Quella che, dopo aver sfiorato il paradiso ed essere sprofondata all’inferno, ha marciato unita per dire no a sedicenti salvatori ed è risorta spinta dall’amore, cavalcando l’entusiasmo, toccando i cuori di chi ama senza interesse.

Ora non è il tempo delle accuse. E chi pensa così, si chieda anzitutto perché chi l’anno scorso c’è stato (Paolo Orrigoni, Claudio Milanese, Attilio Fontana, Mauro e Angelo Fontana tanto per nominarne alcuni) quest’anno non c’è stato. E non si nasconda dietro a una stampa che appoggia qualcuno e affossa qualcun altro, una stampa – presente su ogni campo, della serie C, della serie B, dell’Eccellenza e della serie D, agli allenamenti e alle rifiniture insieme ai guardiani del Franco Ossola, aperta al confronto, disposta al dialogo, pronta a dare spazio a chiunque ma altrettanto a mettere i puntini sulle “i” quando c’è qualcosa che non torna – che ha sostenuto la società anche nei momenti difficili, ma che ha sempre uno e un solo scopo: rendere partecipi, coinvolgere, dire la verità. E la verità è una, e una sola: dal Varese non si scappa e chi lo fa non viene perdonato. Il Varese non è un gioco e nessuno può giocare con il Varese.

Ora è il tempo di tornare chi si è veramente. Ci si chiede: di chi è il Varese, ora? Ora che nel cda c’è il solo Enzo Rosa, che ci sono l’80% delle quote vacanti? Di chi è il Varese, ora: di nessuno? No, non è vero. Ora il Varese è – ancora: davvero, e per l’ultima volta – di tutti. Ora il Varese è solo dei tifosi. Quelli che in queste settimane si sono sostituiti alla società, parlando alla squadra e l’hanno spinta a ogni successo. Quelli che ci sono tutti giorni. Quelli che c’erano ieri, che ci sono oggi e che ci saranno domani. Quelli che hanno sempre guardato da lontano, pronti a scendere in campo quando necessario e che ora daranno una mano. Quelli che saranno presenti alla rifinitura di questa mattina, quando la squadra si troverà l’ultima volta prima di scendere in campo al Franco Ossola a caccia di altri tre punti necessari per continuare a inseguire il sogno. Un sogno che sanno essere di tutti, e poi anche loro. Una squadra che, insieme al suo allenatore, non mollerà, perché fatta di uomini veri, che alzano il telefono preoccupati per quanto succede al Varese e non a loro stessi. Una squadra che ha fiducia. E fa bene a farlo, perché qualche asso nella manica c’è. Il Varese, ora, è nelle mani di chi c’era quando tutto è (ri)iniziato. Tifosi, catapultati negli uffici con il corpo ma sempre sugli spalti con il cuore. Una società che deve tornare a far sognare. E a unire un popolo che non vuole essere mai più diviso.