IMF di Luino, un patrimonio schiacchiato dall’embargo

Pochi anni fa celebravamo i trionfi della IMF: il suo successo all’estero e la genuina abilità di patron Gabriele Galante, capitano d’impresa intuitivo, pronto a conquistare il Mondo, eppure innamorato di Luino, dei suoi laghi e delle sue montagne. Raccontavamo dei mercati espugnati e degli scenari futuri, ma anche degli incontri culturali che hanno spesso trasformato la IMF in una sala convegni per relatori di primo piano. Oggi siamo qui a piangere sulle macerie di quel sogno e di quel prestigio.

La IMF è fallita. Pietra tombale su una delle ultime grandi realtà di un territorio che fatica a difendere i propri tesori. Ora, mentre le parti sociali lottano per garantire il ricollocamento dei 100 dipendenti, gli ammortizzatori, la salvaguardia dell’indotto (calcolato in oltre 300 anime) – ennesima replica di un drammatico film – a noi tocca ricordare l’origine del caos, la mazzata economica che ha spezzato le ginocchia della IMF mandandola al tappeto. Mi riferisco alle sanzioni europee ai danni della Russia, che aveva garantito tre maxi commesse all’azienda di Luino poi congelate a causa della stretta comunitaria anti Putin. IMF non è la prima vittima di questa sorta di embargo e temiamo possa non essere l’ultima. Abbiamo passato anni a spiegare agli imprenditori che avrebbero dovuto internazionalizzarsi e competere all’estero. E ora stiamo massacrando chi, quella sfida, ha saputo raccoglierla e vincerla. È tempo di chiedersi se esista davvero una politica industriale italiana e, in caso affermativo, come possa sposarsi con una “strategia” europea distante, estranea e, in casi come questo, deleteria.