La montagna mi ha insegnato tutto. Io adesso voglio regalarla ai giovani

L’editoriale di Marco Confortola

La montagna è la mia vita. Tutta la montagna. Una passeggiata nei sentieri attorno a casa mia, il silenzio di un bosco mentre cade la prima neve di stagione, l’aria rarefatta e accecante di un ottomila. L’invito del direttore a scrivere un editoriale oggi, giornata internazionale della montagna, mi onora e mi permette di raccontarvi un po’ del mio mondo. Mi permette di parlare della montagna come splendida metafora della vita: capace di insegnare quanto sia importante fare sport rispettando delle regole,

come nella vita si possa perdere o vincere ma la cosa più importante è non mollare mai, capace di insegnare il valore più importante di tutti. Il valore dell’amicizia.
La montagna mi ha dato tutto, e il mio impegno quotidiano è quello di provare a restituirle ogni volta qualcosa: perché, per usare un’espressione delle mie parti, la vacca non può essere sempre e solo munta ma bisogna anche darle da mangiare. Ecco perché utilizzo ogni giorno la mia esperienza e il mio lavoro per parlare alla gente: giro l’Italia, incontro persone, racconto storie e condivido sapere.

Incontro operai e con loro parlo di sicurezza sul lavoro, grazie a un progetto portato avanti con Shindler: la mia storia di uomo che è riuscito a rimettersi in piedi dopo quanto accaduto sul K2, la mia storia di alpinista che nonostante tutto è tornato a scalare gli ottomila, la mia storia di persona che può essere anche un simbolo di attenzione alla sicurezza. Incontro giovani, tanti giovani: e mi faccio travolgere dall’entusiasmo delle loro domande e dallo stupore dei loro occhi. Loro sono il nostro futuro e se non lavoriamo con loro il nostro è un Paese destinato a morire di vecchiaia. Ai ragazzi, grazie al progetto “Allenarsi per il futuro”, parlo di sport e di quanto sia importante praticarlo. Qualsiasi sport. Ai ragazzi dico: sceglietene uno e innamoratevi, appassionatevi, portatelo avanti e un giorno vi scoprirete uomini e donne migliori. Non è necessario diventare campioni, non è necessario arrivare a scalare gli ottomila: è sufficiente farsi accompagnare dallo sport e dai valori che trasmette, ogni giorno. Incontro ragazzi più grandi e a loro, attraverso la mia esperienza, parlo dell’importanza di portare avanti gli studi anche in alternanza con il lavoro: sacrifici che poi torneranno indietro, che poi verranno ripagati.

Lo so. In questo editoriale pensavate di leggere storie di montagna, storie di scalate himalaiane. E invece state leggendo di futuro, di sogni, di progetti, di ragazzi. Eppure, credetemi, a fare da filo conduttore in tutto questo, c’è proprio la montagna: compagna di vita e dispensatrice di valori e insegnamenti. La semplicità della gente che la abita, la durezza di chi la vive, la bellezza di chi la capisce e la rispetta.

Voi di Varese, poi, ne sapete qualcosa. Io ho la fortuna di vivere in un luogo meraviglioso, circondato da cime e montagne che sono la palestra dei miei allenamenti quotidiani. A voi, basta aprire la finestra al mattino per ammirare lo spettacolo del Monte Rosa, una delle montagne più belle che porto nel cuore per tanti motivi. Sul Rosa, a 18 anni, ho fatto il mio primo corso da aspirante guida e mio papà ha portato in cima al Rosa un gruppo di ragazzini di Valfurva, scrivendo una storia che mi ha raccontato decine e decine di volte. Ho tanti amici nella vostra città, gente che accompagno in montagna e che mi aiuta economicamente nelle mie imprese himalaiane.

Ecco. Questo è il mio messaggio per la giornata internazionale della montagna. La bellezza della vita all’aria aperta, la necessità di rendere curiosi i nostri bambini per portarli a spegnere le playstation e scegliere di uscire di casa. Il mio credo che si riassume in quattro massime: obbedire, studiare, fare sport, mai mollare.

Ognuno scelga la sua strada, ognuno decida quale cima scalare, ognuno si scelga il suo compagno di cordata: in montagna come nella vita, sarà la fatica a rendere tutto più bello.

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