La Quiete è morta. Evviva la Quiete

L’editoriale di Davide Farano sulla chiusura della Quiete

Varese, 30/05/2017. Oggi, la Quiete chiude. Al netto di tutto ciò che questa esperienza mi ha portato in questi anni, sofferenza, preoccupazione, consapevolezza e senso di appartenenza, mi sento parte di un gruppo di vincitori. Chiudiamo oggi ma sono certo che tutti gli appelli lanciati finora al mercato non cadranno nel vuoto, e che presto saremo pronti a ripartire. Il mercato di fatto ha già risposto negli ultimi mesi proprio grazie alla nostra resistenza, e sono sicuro che il giorno dell’asta si concretizzerà tutto il lavoro che abbiamo fatto finora. Il mercato in fondo ce lo deve. Lo deve a sessanta famiglie, lo deve a migliaia di pazienti. Con oggi ci facciamo (solo virtualmente) di lato, e dovremo aspettare ancora per poter gioire. In quel momento tutti sapranno chi saranno i vincitori, ma già da oggi possiamo vedere con chiarezza chi ha perso.

La politica, ad esempio, ha perso. Mi ha regalato un amico, Marco (Pinti), che è stato al nostro fianco, che ha portato avanti con dedizione questa battaglia. Marco ha sempre detto in questi anni che la Quiete era prima di tutto una vicenda politica, e che proprio per questo la politica non poteva permettersi che la clinica chiudesse. Non poteva farlo per non rischiare di diventare una coreografia sterile, un vuoto esercizio retorico di stile fine a sé stesso. Eppure la Quiete chiude. Ma la classe politica non perde solo per questo.

Perde perché per mesi esponenti di tutti i colori e le correnti sono venuti a portare la loro solidarietà e le loro promesse: non vi lasceremo soli, ci hanno detto; studieremo come aiutarvi, ci hanno promesso; abbiamo ventilato ipotesi, pianificato strategie. Nulla di tutto questo è stato portato avanti. Da oggi siamo 60 disoccupati, senza alcun ammortizzatore sociale, senza nulla che ci tenga legati a questa struttura. Orfani.

In secondo luogo, ha perso lo Stato (e con esso la Regione). Nel 2017 chiude un’azienda; non per scarsa produttività, per incapacità, per mancanza di professionalità. Chiude perché inserita in una serie di vicende giudiziarie (e non solo) che sono arrivate a decretarne la fine. Non esiste la possibilità di salvarne l’anima lavoratrice per garantirne una transizione indolore. Nel 2017 non esistono strumenti per salvare i lavoratori da questa scure. Dopo un decennio di crisi economica,

siamo ancora senza mezzi. Non possiamo essere commissariati, non ci meritiamo un prestito-ponte, non abbiamo diritto ad un decreto salva-qualcosa creato ad hoc, nessuno di noi ha un parente al Senato. Giganti dai piedi d’argilla. E ora, ingrassando le fila dei disoccupati, diventiamo parte della spesa sociale. Cadono tutti in piedi, eccetto noi 60. Noi picchiamo il culo per terra. Infine, perde una parte di Varese. Non i nostri pazienti, o le centinaia di persone accorse in nostro aiuto. Non i mezzi di comunicazione sempre al nostro fianco. Nemmeno i nostri detrattori, a cui va comunque il merito di averci messo la faccia. Perde quella parte di Varese che non si schiera, perde quella fetta di città che sa e non parla. Sì perché a Varese ci sono nomi che si ha timore di pronunciare, amicizie da coltivare e altre da cui guardarsi, frasi non dette che rimangono in sospeso tra cenni di intesa, persone che si proclamano burattinai, spettri e ombre che vogliono tirare le fila. Cose che, al confronto, i bravi, Don Rodrigo e l’Innominato paiono comparse di una recita dell’oratorio. Personaggi usciti dai romanzi di Dan Brown. Se leggendo queste parole vi siete riconosciuti, siete parte del problema. Se state cadendo dal proverbiale pero, forse è ora che apriate gli occhi. Varese può e deve essere meglio di questo.

Oggi la Quiete chiude, ma presto, sono sicuro, riaprirà. Quando succederà sarà merito dei lavoratori, e degli imprenditori che avranno saputo crederci. Quando succederà sarà grazie al sacrificio nostro, e di pochi altri. La FP CGIL di Varese, con Cinzia e Gianni a sostenerci. Marco Pinti. Pochissimi altri. Quando succederà, non venite con proclami, non provate nemmeno a “metterci sopra il cappello”. Fino a che ci sarà l’anima della Quiete, ci sarà sempre qualcuno di noi a rispondervi, a rimettervi al vostro posto.

La Quiete è morta, evviva la Quiete.

* Dipendente della Quiete