Le donne non si toccano. Chi le tocca dev’essere punito

Vivere nella paura. Sentirsi sporche, dopo i maltrattamenti, gli abusi. Sentirsi sbagliate. Arrivare addirittura a dare ragione a quella persona che ti sta facendo passare l’inferno, convincersi di meritare tutto questo.

«È colpa mia, me la sono cercata, non è colpa sua. Lui mi ama. È colpa mia». Ogni uomo dovrebbe provare, almeno una volta nella vita, ad immedesimarsi nell’esistenza di una donna che subisce violenza. E forse finalmente si capirebbe, al di là della retorica e delle belle parole di circostanza, che cosa significhi essere vittima. Ho avuto la fortuna di crescere in un ambiente familiare ad alta presenza femminile. E questo mi ha portato, sicuramente per educazione,

ma anche per istinto innato, a detestare dal mio animo più profondo ogni forma di abuso, di violenza sessista, di prevaricazione della figura femminile, che sia psicologica o fisica. Una sorta di senso della giustizia mi fa odiare tutto questo. Ma anche il senso della realtà: perché chi fa violenza contro le donne, le considera di fatto esseri inferiori. E invece no, io voglio vivere in una società dove donne e uomini siano esattamente dei pari. Solo così una società può dirsi anche una civiltà. Per quanto riguarda chi commette abusi e violenze, non credo nelle pene riabilitative. Credo nella punizione, e nel sacrosanto diritto delle donne di essere sicure. Gli stupri, nel momento dell’assoluta certezza del reato, andrebbero puniti con la castrazione e con detenzioni non inferiori ai vent’anni di reclusione.n