Loro spengono la musica. E noi alziamo il volume

L’editoriale di Kevin Ben Alì Zinati

Questa volta il classico «te l’avevo detto» è diventato tragicamente vero. E già è scoraggiante di suo – perché si parla di un concerto – ma oggi lo è ancora di più. Perché è inaccettabile che un genitore, al figlio che va a sentire il suo cantante preferito, dica «stai attento» e non «divertiti». Ad una settimana dal mio concerto londinese è inaccettabile che mia madre, tra incredulità e sollievo, possa dirmi «te l’avevo detto». A Londra, tra 20 mila persone, mi sono sentito al sicuro.

Eppure la preoccupazione per quelle che dovrebbero essere ore di sogni e di strofe cantate a squarciagola è diventata ormai un pilota automatico sempre inserito. Questo fa incazzare. Come il fatto che dietro a quel «te l’avevo detto» ci sia la consapevolezza che possa davvero succedere qualcosa di brutto, ad un concerto. Oppure che, dopo un live, ci sentiamo “fortunati” ad essere tornati a casa. A Parigi, a Manchester, hanno spento la nostra musica per amplificare il volume della paura. A chi ha fatto della paura un sacramento, diciamo solo una cosa: noi, il volume lo alziamo. Lo alzeremo. Per Manchester, per Parigi, per noi, per tutti. E per i genitori. Perché al figlio, di ritorno da un concerto, possano dire «te l’avevo detto… che sarebbe stato indimenticabile».