Perché l’Autolaghi chiusa è una sconfitta su tutti i fronti

La domanda sorge spontanea: siamo a Varese o a Malindi? Perché se il giorno 12 gennaio basta una pioggia ghiacciata (non ancora una nevicata copiosa e nemmeno una tempesta di sabbia sahariana, ma una pioggia sul filo degli zero gradi centigradi) a mandare in tilt la rete autostradale, il nostro raziocinio vacilla e i nostri nervi pure.

Da qualunque parte la si guardi, la chiusura decretata ieri sera poco dopo le 20 del tratto di A8 tra Varese e Lainate (di cui vi parliamo a pagina 19) voluto da Autostrade per l’Italia non ha alcun senso. Non hanno senso innanzitutto i 20 incidenti in un’ora: che la sfiga ci veda benissimo a volte è un dato di fatto, ma in questo caso la negligenza non può non averla fatta da padrona. Sia che si tratti di affrontare l’inverno senza adeguate attrezzature (leggi pneumatici da neve oppure catene), sia che si tratti di sfidare le proprie abilità sfrecciando come novelli Villeneuve sul manto ghiacciato.

Non ha senso poi pensare che nel profondo Nord Italia, dove di norma l’inverno è rigido e porta neve e ghiaccio, ci si trovi costretti a chiudere la maggiore arteria viabilistica per impraticabilità.

Non ha senso costringere la gente a sorbirsi ore e ore in più di viaggio dopo una giornata di lavoro, perché di fatto la pensata risolutiva di Autostrade per l’Italia ha tranciato di netto la linea retta che collega Milano con il Varesotto e di conseguenza centinaia (se non migliaia) di persone con la loro quotidianità. Obbligandole, per altro, a viaggiare su strade secondarie e non di certo più sicure.

Morale della favola: se dal cielo per una volta piovesse buon senso ne gioveremmo di gran lunga tutti quanti. E senza disagio alcuno.