In tribunale il processo Uva Lo psichiatra: “Non c’entro”

VARESE L’esordio è semplice e lineare: «Sono innocente». Poi però, preso dalla foga di voler dimostrare «di avere agito al meglio, e sempre nell’interesse del paziente», il dottor Carlo Fraticelli forse eccede nelle spiegazioni e nelle citazioni di carattere scientifico, al punto che più volte il giudice Orazio Muscato lo invita a rispondere solo alle domande, e il pm Agostino Abate arriva anche a sbottare: «Vuole difendersi sul tecnico e non sul fatto».

La tesi dell’accusa è nota: i farmaci somministrati all’artigiano varesino, sottoposto a trattamento sanitario obbligatorio, avrebbero interagito con l’alcol che aveva ingerito la sera prima, portandolo a morte. ECarlo Fraticelli, che quel giorno prestava servizio in psichiatria – dove Uva morì tre quarti d’ora dopo esservi arrivato – fu l’ultimo medico ad avere a che fare con lui. E a prescrivergli un calmante, l’En, cioè benzodiazepina in fiala da 5 mg, dopo che altri medici prima di lui,

in pronto soccorso, gli avevano somministrato Tallofen, Farganasse e Tavor in dosi terapeutiche. Fraticelli è dunque rimasto col cerino in mano? La procura in realtà ha imputato anche gli altri due medici, la dottoressa Enrica Finazzi e il dottor Matteo Catenazzi (quest’ultimo chiamato a deporre, ieri si è avvalso della facoltà di non rispondere), ma ancora il loro destino processuale deve essere definito. «Ho somministrato l’En ben sapendo del tasso etilico di Uva e degli altri farmaci»ha dichiarato Fraticelli, difeso dall’avvocato Renato Piccinelli.

«Escludo che possa esservi stata qualsiasi interazione, perché l’alcol era ad un livello basso (1,6 grammi per litro, misurati alle 7,46 del mattino, ndr), e alle 9,15, quando gli è stato iniettato l’En via flebo, era sicuramente calato» ha spiegato ancora lo psichiatra. «Si tratta di un farmaco sicuro, e proprio per questo motivo la mia scelta era ricaduta su di esso. Non si danno casi in letteratura scientifica di intossicazioni provocate dall’En e dalle sostanze che gli erano state date in precedenza. Peraltro l’effetto di queste altre stava svanendo, ed era necessario intervenire. Mi sono chiesto più volte – ha concluso – se avrei potuto agire diversamente, ma continuo a ritenere corrette le mie scelte terapeutiche, che hanno tenuto conto della storia clinica del paziente. Non mi viene in mente niente altro che avrei potuto fare per il povero Uva».

e.marletta

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