Samarate, la criminologa spiega «Quella relazione è solo fantasia»

Samarate – «Probabilmente lei è stata gentile, gli ha dato retta e lui ha confuso la disponibilità e la semplice cortesia con altro. Ha cominciato a fantasticare. Poi quando ha tentato un approccio concreto e ha ricevuto un rifiuto è scattata la violenza». Roberta Bruzzone criminologa nota al pubblico televisivo, consulente tecnico, tra gli altri, nel caso della strage di Erba e di Sarah Scazzi, ricostruisce così i rapporti tra Marianna Ricciardi e il suo omicida Domenico Cascino.

Una versione che fa il paio con i commenti di amici e conoscenti della donna uccisa: difficile che tra i due ci fosse una relazione amorosa, possibile, invece, che fosse una semplice convinzione dell’aggressore: «La maggior parte degli omicidi di questo tipo sono a danno di partner o ex partner – continua la psicologa – Ma qui tutto fa pensare di essere di fronte a una persona con disagio mentale che si è invaghito di una donna e che nella sua mente ha costruito e alimentato un rapporto deviato con la donna».

Una elemento tipico e per niente sorprendente in questo contesto è quello della inaudita violenza con la quale l’uomo ha infierito sulla sua vittima. Quando è stato rifiutato dalla donna Cascino non avrebbe fatto altro che far confluire su di lei tutta la sua frustrazione. Un fenomeno di overkilling, di eccesso di violenza che ha una spiegazione: «L’obiettivo a questo punto non era più uccidere, ma annientare, distruggere l’oggetto da cui derivava il rifiuto. Ammazzare non basta, deve essere fatto scempio. Un atteggiamento che si spiega nella logica di un clima rivendicativo».

Anche la mancanza di pentimento, di coinvolgimento emotivo da parte dell’omicida, capace di tornare tranquillamente al lavoro dopo aver ucciso e di non mostrare turbamento nella confessione non è una circostanza così strana, tenuto conto di queste premesse. «Ho avuto a che fare con stalker assassini che anche in carcere, sentiti davanti ai periti, continuavano a ribadire che la donna che avevano ucciso meritava la fine che ha fatto». E così è stato anche per Cascino: una volta respinte le sue attenzioni, nella sua dimensione delirante la donna non esiste più come persona, ma solo come oggetto da distruggere.

Resta un altro aspetto su cui riflettere. L’ultimo anche se non meno importante degli altri. Si tratta del pericoloso precedente dell’omicida, che in passato aveva puntato il coltello alla gola di una sua ex, stavolta fermandosi prima della tragedia. «Da quello che conosco temo che vi sia stata una sottovalutazione di quell’episodio. Era un segnale molto preoccupante, che doveva essere valutato meglio, che doveva far capire che si era di fronte a un disagio importante».
Paolo Rossetti

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