Curare le ossa con le staminali Il futuro della salute parte da Varese

VARESE É quasi una rivoluzione e parte da Varese, quella della cura di malattie degenerative e traumi ossei con l’impianto delle cellule staminali. Ci sono cinque aziende tra varesine e ticinesi nel settore medico e biotecnologico che insieme hanno messo a punto una tecnica d’avanguardia per praticare una terapia che rigenera i tessuti corporei, ossa e cartilagini in particolare.

Hanno concluso proprio nei giorni scorsi la prima sperimentazione in laboratorio, costata due milioni di euro finanziati da Miur e Regione Lombardia, scoprendo che il sistema funziona. La sperimentazione è iniziata all’Insubrias Biopark nel giugno 2009 ed è durata due anni e mezzo. I ricercatori hanno usato un piccolo contenitore biodegradabile, che si chiama “scaffold”, per far crescere e aderire le cellule staminali prelevate dal tessuto adiposo. Visto che di cellule stiamo parlando, per “piccolo” si intende qualche micron.

La novità sta appunto nel fatto che il micro cilindro che contiene le staminali è biodegradabile: permette di proteggere le cellule che così hanno il tempo di crescere nel tessuto dove sono state impiantate, ma anche di veicolare i fattori nutritivi e di crescita, senza i quali le cellule muoiono. Una volta che si sono attaccate al tessuto corporeo, il contenitore si dissolverà.

Visto che la prova in laboratorio è andata bene, è arrivato il momento di passare alla sperimentazione sui pazienti. Il nuovo progetto costerà altri due milioni di euro per i quali è stato chiesto un contributo del 50% alla Regione; alla restante parte penseranno la fondazione Istituto Insubrico Ricerca per la vita e le cinque aziende direttamente coinvolte: la Ibi di Lugano produce gli “scaffolds”, la Micro Sphere ticinese produce il materiale per farli, la Mac.gi di Varese ci mette la macchina che produce i filamenti per assemblarli, la Areta di Varese inserisce le cellule e le coltiva, e poi collaborano a vario titolo il Politecnico di Milano, la Liuc di Castellanza e la Provincia di Varese, oltre che a l’istituto Galeazzi di Milano dove è programmata la seconda fase sperimentale.

«Sceglieremo due campioni di pazienti – spiega Angelo Carenza, presidente dell’Insubriabiopark – Un solo gruppo sarà trattato con la terapia avanzata che abbiamo messo a punto». Gli altri serviranno da raffronto, considerando comunque che per questo tipo di patologie non esiste al momento altra terapia che quella chirurgica, impiantando una protesi.

«Potremo curare l’artrosi al ginocchio, all’anca o alle mani, ad esempio, impiantando questi piccoli contenitori che rigenereranno le cellule staminali del paziente stesso».

s.bartolini

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