Sacconago, la vera storia della festa di San Cirillo

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Sacconago, che per certi decreti reali del 1927 fu inghiottita in un solo boccone da Busto Arsizio, resta pur sempre un paese nella città; con orgoglio paesano conserva le sue tradizioni che rivivono di anno in anno. Fra tutte la festa di San Cirillo Martire, prima per la carica di affetto e devozione dei sinaghini al loro Santo.
Le reliquie di S.Cirillo (Zaril col diminutivo Zarilèn per il dialetto), giovane soldato romano ucciso per la fede (alcuni storici ritengono nel 262 d.c.),

vennero a Sacconago in due modi. Per la storia: richieste dal parroco d’allora Francesco Grespi furono consegnate con tutti i documenti e le bolle della Curia Arcivescovile; per una felicissima leggenda, invece, arrivarono su un carro trainato dai buoi che, partiti dalle catacombe di San Callisto a Roma, attraversarono mezza Italia per fermarsi solo davanti alla chiesa di Sacconago. (E’ una leggenda tutta sinaghina dove affiorano antiche ruggini con i vicini campanili).
Fino al 1948 il “festone di S. Cirillo” si faceva ogni dieci anni; questo per creare l’attesa dell’evento e per prepararlo degnamente. Questa scansione decennale diede voce a certi modi di dire sinaghini. Ovunque di uno molto vecchio si diceva: “ Quello lì ha visto due o  tre re, ha visto quattro o cinque papi” Ma non a Sacconago dove si usava dire “Eh, ha visto cinque o sei festón da San Zarìl Un altro ne sorse legato alla processione solenne. Nel tragitto dalla navata e dal sagrato  l’urna del santo veniva portata a spalle al centro della piazza dove aspettavano i buoi con il carro. (Sia chiaro: non il “carro con i buoi”, che il carro non capisce niente e non aspetta nessuno, mentre i buoi sì che si ricordavano dei loro antenati venuti da Roma) Sotto le stanghe che reggevano l’urna c’erano otto baldi giovani che, vuoi per il peso vuoi perché stavano in fila stretta, andavano a piccoli passi, pianino pianino, quasi strusciando sul pavimento; da qui valse il detto per uno vecchio e tardo nel procedere: “A l’è suta a purtá ul San Zarìl” – E’ sotto a portare il San Cirillo”.
La scadenza decennale si interruppe nel 1918. I baldi giovani erano sui fronti della Grande Guerra e in paese non si ritenne opportuno festeggiare. Chiedendo scusa a San Cirillo i sinaghini gli promisero la più bella e spettacolare festa alla prossima scadenza.
E così accadde nel 1928, a metà Agosto per assicurarsi il bel tempo.
Quaranta reduci della Grande Guerra si vestirono da antichi soldati romani (costumi noleggiati al Teatro della Scala) e…Ma è meglio che lo dica il Chronicos del vecchio parroco Marelli.  Siamo al quarto ed ultimo giorno delle feste e, dopo aver scritto del sevizio d’onore che questi a turno prestavano all”urna esposta nella navata continua, parlando della processione :“Lo spettacolo è indescrivibile, si calcolano più di 20.000 persone, venute da tutti i paesi fino da 20 e anche da 30 chilometri di distanza. Sessanta tra guardie, carabinieri e militi assicurano il servizio d’ordine. Per evitare disgrazie tutti i veicoli: automobili,motociclette, biciclette, carrozze, birocci e carretti vengono fermati fuori dalle vie del paese. Alla grande processione prendono parte quattro corpi musicali. (…) Quando il Mons.Prevosto termina “l’orazione del Martire i soldati romani alzano l’urna e con l’urna stessa fanno un grande segno di croce.”
“In questi quattro giorni la folla invade tutta le osterie  e circoli, basta dire che dovettero, anche i prestinai, ricorrere a Gallarate e Varese perché non avevano più nulla Accorse gente da Busto, Gallarate, Legnano  Castano, Varese, Trecate, Galliate, dai paesi della Valle Olona, da Milano. Como Seregno ecc. ecc.”
La luminaria creò qualche problema. Il Comitato Festeggiamenti si era accordato con la Società Elettrica Lombarda di Vizzola (non esisteva l’Enel) per un carico di 6.000 lampadine, ne furono allestite 12.000 e si dovette accenderle a turno.
Sembrò quello il canto del cigno di una Sacconago ormai (nelle fauci… No, scusate.) passata da poco al comune di Busto Arsizio con un po’ di rammarico.
Per consolare i suoi cari sinaghini San Cirillo fece un miracolo. Dice ancora il Parroco Marelli. “Al mattino del giorno 16Agosto di buonora, dopo tre mesi di assoluta siccità, una benefica pioggia venne a rinfrescare l’aria e a bagnare gli arsi terreni”.
La tradizione “zarilina” tornerà come da sempre Domenica 20, ma in modo ridotto perché ridotti sono i  Sinaghini e pure i soldi. (Da danè ga n’è pochi!) Unico integro e mai ridotto è l’amore e la venerazione per il loro Santo che i pochi, purtroppo rimasti, conservano e tramandano.      

Ginetto Grilli

f.artina

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