«Di questo progetto non so nulla. Lasciamo i riflettori a chi li merita»

L’avvocato Armocida lascia il CdA del Varese: «Le direttive non sono condivise: cosa resto a fare?»

«Non è polemica, ma un atto dovuto: dopo quanto detto da Enzo Rosa (in anteprima lunedì su queste colonne, ndr) e da Gabriele Ciavarrella alla stampa, dichiarando l’intenzione di lasciare la società, credo che un ciclo, il nostro ciclo, sia finito. Non mi diverto più, non sono messo a conoscenza di nulla: cosa resto a fare?».

La domanda che si pone Giuseppe Armocida è la risposta al perché nel pomeriggio di ieri l’avvocato varesino abbia dato le dimissioni dal Consiglio di Amministrazione del Varese Calcio. CdA in cui era entrato, come rappresentante della minoranza societaria, giovedì 23 marzo, insieme al presidente (ex) Baraldi, il vice Taddeo, il gm Basile, a Franco Colombo e ai tifosi Verushka Guerra ed Enea Merchiorri.

CdA riunito in questi due mesi «una sola volta, in cui espressi perplessità ma con massima disponibilità – prosegue Armocida – Si ribadì che tutto sarebbe stato sistemato, mi risulta non sia accaduto». La decisione di lasciare è presa: «Sono in una società che fino all’altro giorno doveva avere un milione di euro all’anno, e invece chi doveva metterlo se n’è andato. Poi leggo dell’acqua tagliata e di un comunicato che mi ha trovato perplesso e che non è

stato condiviso, sento di assegni che tornano indietro, so di fornitori e giocatori non pagati… Faccio parte di un CdA di cui non conosco le direttive e non sono informato di nulla: a che pro sono lì? Io ho fatto una cosa semplice: ho mandato le mie dimissioni. Esco in sordina, in punta di piedi: è un progetto in cui non posso dire che non credo, perché il Varese è una passione; ma è un progetto di cui non so più nulla».

Ieri, su queste colonne, il vicepresidente Taddeo ha dichiarato: «i debiti non li abbiamo fatti noi». Per Armocida «non è vero. Quando l’80% della società è stata regalata su garanzie, il bilancio dell’anno precedente era in pari. Le spese correnti erano gestite da Basile, che amministra la società da luglio. Taddeo e Basile ora andranno avanti e saranno bravissimi: ma è inutile che rimango se non conosco le loro intenzioni».
Troppe, dunque le cose non chiare, già a partire dal nuovo assetto societario deciso a marzo: «Nella settimana precedente alle sue dimissioni, che mi aveva preannunciato, Baraldi mi ha chiamato e ci siamo sentiti più volte – dice Armocida – Mi ha parlato della ForVa, di cui mi ha detto avere il 10% delle quote. Anche qui, cose mai ben spiegate, tanto che pensavo avesse la maggioranza di questa ForVa a cui è stato ceduto l’80% delle quote del Varese Calcio. Immagino che qualcuno debba dare delle spiegazioni, ma non posso essere io a farlo perché non so nulla di quello che si sta facendo».

Per l’avvocato Armocida c’è dispiacere: «Noi non siamo imprenditori del calcio, ma amici che, insieme per un aperitivo, hanno fatto rinascere il Varese – spiega, riferendosi all’incontro dell’estate 2015 con Ciavarella, Galparoli e il sindaco Fontana – Varese che l’anno scorso ci ha fatto divertire. Quest’anno, cambiati gli interlocutori, non è stato più cosi».

Tifosi tra cui serpeggia la paura che il Varese possa fallire ancora: «Il Varese non può fallire: ho fatto io la società e dal punto di vista giuridico non ha carattere di fallibilità – conclude – Dal punto di vista formale però la Federazione potrebbe togliere il titolo sportivo se non vengono pagati contributi, se arrivano vertenze da giocatori o allenatori. Ma se la maggioranza ha un progetto, ben venga: noi usciamo e lasciamo fare. Non cerchiamo riflettori, li lasciamo a chi li vuole e merita».