Erano meglio le ricerche su grandi libri che l’ansia di trovare la verità su internet

L’elzeviro di Marco Tavazzi

Possiamo parlare di impoverimento culturale dovuto ai social network?

In certi termini è corretto, soprattutto quando quello che potrebbe essere uno strumento per ampliare gli orizzonti, e quindi accrescere culturalmente chi lo utilizza, si trasforma in una “trappola”. In una specie di realtà parallela, che ti estrania dalla realtà e ti porta a sostituire i rapporti umani con quelli virtuali. Un filtro che impoverisce quindi, innanzitutto dal punto di vista umano. E questa è la più grave delle conseguenze. Ma non solo.

Parlavamo appunto dell’abbassamento del livello culturale. Basti prendere ad esempio il numero elevatissimo di notizie false che spopolare sul web e vengono amplificate dalla diffusione attraverso i social network. Troppe persone, lo vediamo ogni giorno, condividono e rilanciano sui propri “canali” le cosiddette fake news. E lo fanno spesso ingenuamente, dando sfogo alla propria rabbia (visto che perlopiù sono notizie che parlano alla pancia della gente), senza approfondire la veridicità di quello che viene riportato nelle notizie.

E non è sempre una questione di mancanza di tempo.Il vero problema è che si crede in maniera indiscriminata a quello che appare sulla rete, solo per il fatto che vi appare. Come se la rete, e oggi in particolare i social network, fossero i depositari della verità assoluta.

Penso con rammarico a quando le ricerche le dovevi fare consultando enormi volumi polverosi in biblioteca. Quando per scoprire le informazioni dovevi anche muoverti fisicamente, recarti in una libreria.

Oggi avere tutto a portata di clic non ha potenziato la cultura delle persone. Paradossalmente l’ha impoverita. Giocando probabilmente su un vecchio vizio umano: la pigrizia.