Ho visitato Volandia e scoperto l’orgoglio di essere varesino

L’editoriale del nostro Matteo Fontana

– Metti una domenica pomeriggio in famiglia, a Volandia, per rilassarsi sì, ma anche per rinfrancare il tuo spirito varesino. Al museo di Somma Lombardo, attaccato proprio a Malpensa, c’ero già stato diverse volte per lavoro, a seguire qualche convegno oppure a raccontare per il giornale l’inaugurazione di qualche nuovo gioiello ospitato nei capannoni. Non l’avevo però mai visto nella sua interezza, rilassato e con la mente sgombra da pensieri lavorativi. Così, domenica ho deciso di andarci per la prima volta da semplice turista e da visitatore,

in compagnia di mia moglie, che non c’era mai stata e di due miei cugini, che a Volandia c’erano già stati ma non se la ricordavano bene. Conosciuta la guida, un ragazzo molto giovane, che merita sicuramente la citazione del nome per la sua preparazione e per la sua simpatia, Cristopher Venegoni, ci siamo finalmente addentrati nelle sale del museo. Primo motivo di soddisfazione, vedere tanta gente e soprattutto tanti bambini e famiglie che hanno deciso di trascorrere la loro domenica tra aerei ed elicotteri.
Volandia è proprio un posto dove tutti ci stanno bene; nel nostro gruppo infatti c’era l’intera generazione di una famiglia, dal nonno con i capelli bianchi al nipotino che ha appena imparato a camminare. Bambini e adulti, me compreso, schiacciano soddisfatti i pulsanti che danno vita ai motori. Di Volandia colpiscono tante cose, ma in particolare il fatto che la stragrande maggioranza degli aerei o degli altri apparecchi esposti siano originali e in molti casi anche pezzi unici. La bellezza poi non sta soltanto nei capannoni ma anche all’esterno dove abbiamo potuto calpestare anche la prima pista dove decollavano gli aerei della Caprotti; pochi lo sanno, ma di fatto è qui che è nata Malpensa.
Leggi la storia di Caproni e capisci anche quanto conti il destino; lui trentino irredentista antiaustriaco chiese di poter costruire a Gallarate. Se fosse stato filoaustriaco e avesse investito nel nord Europa, oggi forse Malpensa non esisterebbe. Quasi tutto quello che abbiamo ammirato a Volandia trasuda varesinità e questo ha rinfrancato il mio spirito e il mio orgoglio. Un altro varesino merita una citazione ed è il professor Francesco Ogliari da Ranco. La sua Città Ideale, un plastico gigantesco, il più grande d’Italia, percorso da tre chilometri di ferrovia in miniatura, ti lascia a bocca aperta per la sua bellezza. Andare a Volandia insomma è anche una bella terapia per chi soffre di scarsa considerazione del proprio territorio; andate al museo e vedrete di cosa siamo capaci noi varesini e varesotti. Non dimentichiamocelo mai; Volandia è lì a ricordarcelo ogni volta che vogliamo o voliamo.