I dieci motivi per cui la Tre Valli è bellissima

Siam malati di ciclismo, ma malati davvero. E nella nostra mente bacata da anni passati a correre dietro a scatti e campioni ci siamo fatti la nostra personalissima classifica delle Tre Valli più belle di sempre. Quella vinta da Chiappucci nel 1994, che a quell’epoca se eri di Varese dovevi per forza tifare per il Diablo. La splendida doppietta di Garzelli nel 2005 e 2006, orgoglio di casa nostra sull’arrivo di Campione d’Italia. E poi, quella di ieri: bella, bellissima.

Perché? Presto detto. Ecco i dieci motivi per cui la Tre Valli Varesine del 2014 è stata una delle edizioni più belle di sempre.

Perché c’era Vincenzo Nibali: una maglia gialla che ha regalato al ciclismo tanti nuovi innamorati, e che ieri ha catalizzato la curiosità di tutti i varesini e mica solo dei tifosi. Quel boato, quel “noooo” sordo venuto su da piazza Monte Grappa quando il maxischermo ha mostrato il suo scivolone è una dichiarazione d’amore bella e buona.

Perché c’eravamo noi, intesi come Varese: città, gente, popolo. In diretta tv sulla Rai per tre ore con l’elicottero a mostrare quanto sono belle le nostre terre: laghi, giardini, boschi, città. Ed evidentemente ci accorgiamo del nostro splendore quando ce lo mostrano gli altri, perché da soli non ne siamo capaci.

Perché ci sono stati i mugugni: ma le grida dei bambini e dei tifosi hanno coperto il suono nervoso dei clacson, gli applausi hanno soffocato le proteste di chi si è dovuto sciroppare qualche minuto in più di coda, il bello ha gridato più forte del rabbioso.

Perché questa corsa è tornata a essere quella che è sempre stata: ultimo appuntamento prima dei mondiali, banco di prova decisivo per gli atleti azzurri, tutti gli occhi del mondo del pedale puntati su Varese. E i corridori più forti, qui a darsi battaglia per uno spettacolo splendido.

Perché il giorno della Tre Valli fa parte della nostra storia. E tutti quanti – tutti – avevamo un nonno o un vecchio zio che ci portava per mano a bordo strada con in mano il foglio dei partenti e il cappellino in testa a vedere “che pasan i curidùr”.

Perché quando passa Basso la gente di Varese impazzisce anche se tutti sanno che Basso non vincerà.

Perché al ciclismo, anche e soprattutto per causa sua, negli ultimi anni è capitato di tutto: ma se con tutto quello che è capitato riesce ancora a riempire di gente una città significa che dietro c’è qualcosa di grande.

Perché le miss che salgono sul palco a premiare col bacio il vincitore sono sempre bellissime: e da bambini invidiavamo i campioni per quel segno di rossetto stampato sulle guance.

Perché i pullman e le ammiraglie sparse in giro per le strade addobbano la città come fosse un albero di Natale e la colorano.

Perché abbiamo bisogno di motivi per essere orgogliosi della nostra città. Ultimamente questi motivi ci arrivano solo dallo sport? Sì, e allora?

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