Difendo i nostri diritti-doveri di italiani. Sono fermamente favorevole allo ius sanguinis

Ius Soli - L’editoriale di Marco Tavazzi

“Se un uomo non è disposto a lottare per le proprie idee, o le sue idee non valgono nulla, o non vale nulla lui”. Parto da Ezra Pound. Perché su questa frase, attaccata nella mia camera da adolescente, ho cercato di forgiare la mia vita. Mi rendo conto che mi esporrò a forti critiche con quello che sto per scrivere. Nello schematismo della politica italiana non c’è spazio per un moderatismo di buon senso, che sappia coniugare progresso sociale e civile a difesa delle tradizioni e dell’idea

di Patria. Mi sono schierato per i diritti civili delle persone indipendentemente dal loro orientamento sessuale, per le Unioni civili. È una battaglia in cui credo. Così come credo nella difesa della società italiana e nel sacrosanto diritto-dovere di tutelare la nostra sovranità nazionale. Sulla cittadinanza non si scherza. Non si scherza perché essere cittadini significa accettare diritti e doveri di una società, una comunità unita dalla storia e dalle tradizioni, ma anche dalle conquiste sociali diventate patrimonio comune. Ora, bisognerebbe aprire un dibattito anche sul fatto che molti di coloro che nascono con la cittadinanza italiana dovrebbero guadagnarsela, ma questo è un altro discorso, molto lungo, che affronteremo un’altra volta. Oggi l’argomento è il progetto di legge sullo ius soli.

Un progetto che mi trova fortemente contrario, partendo dal fatto che anche senza ius soli non ci sono discriminazioni. I figli di cittadini stranieri possono ottenere la cittadinanza al compimento del 18esimo anno di età, se ne faranno richiesta. E fino ad allora in quanto minori sono protetti e tutelati dalla legge sotto ogni forma.

Il fatto di dover fare richiesta della cittadinanza è una forma di responsabilizzazione nei confronti della società che ha accolto i genitori e di conseguenza anche i figli.

E, ripeto, anche molti italiani dovrebbero dare dimostrazione, al compimento del 18esimo anno di età, di “meritarsi” la cittadinanza, dimostrando di conoscere la storia, le leggi e la cultura del nostro Paese. E di rispettare le conquiste sociali, come la parità tra uomo e donna, la laicità dello Stato e i diritti per citarne solo alcuni dei valori che chi viene in Italia e vuol far parte della società italiana deve accettare. Il fatto che poi molti italiani stessi non accettino questi valori, è un grosso problema, e deve farci meditare.

Ma torniamo allo ius soli.

Il fenomeno migratorio è un problema di non facile gestione. E quello che ha accomunato tutti gli ultimi governi, indipendentemente dal colore politico, è stata l’incapacità (o la non volontà?) di gestirlo. Perché, diciamolo, l’immigrazione è uno strumento utilissimo sia alla destra che alla sinistra per fare demagogia. Chi in senso discriminatorio e chi in senso buonista. Adottare lo ius soli significherebbe sbilanciare definitivamente la capacità di assorbimento di migranti della nostra società, che già oggi non avviene correttamente, proprio per la mancanza di politiche adeguate. A mio avviso è fondamentale che i flussi migratori siano gestiti in maniera da tutelare la nostra società: ingressi limitati e rimpatri effettivi di chi non ha i requisiti per rimanere. Un tetto massimo di ingressi, con precedenza a donne e bambini provenienti da Paese dove effettivamente ci sia uno stato di guerra. Un’opera di integrazione e non di melting pot.

La definizione di integrazione è chiara. Recita il dizionario: “L’incorporazione di una certa entità etnica in una società, con l’esclusione di qualsiasi discriminazione razziale; estens., l’inserimento dell’individuo all’interno di una collettività, attraverso il processo di socializzazione”.

Il melting pot è la cosiddetta società multietnica, la definizione del dizionario: “Amalgama eterogeneo di gruppi, individui e religioni, molto diversificati tra loro per ceto, condizione, appartenenza etnica, che convivono entro la stessa area territoriale geografica e politica. Riferita inizialmente alla società americana, l’espressione («crogiolo») è usata per indicare un particolare modello o ideale di società multietnica in cui dopo un certo tempo, segnato dal succedersi delle generazioni, le culture e le identità specifiche degli immigrati sarebbero destinate a fondersi con quelle dei paesi di accoglienza”.

Sono assolutamente aperto al confronto tra culture, che ritengo un arricchimento. Ma difendo il diritto e il dovere di una società di tutelare le proprie tradizioni e le proprie conquiste sociali. E mantenere lo ius sanguinis è uno strumento per tutelarci, senza escludere nessuno.