La fantascienza aiuta a comprendere l’uomo. Come ci ha insegnato George Orwell

Scoprire e immaginare come potrebbe essere il nostro futuro. Trasmettendo, nella visione “fantastica” che viene creata dallo scrittore, le ansie e le paure del nostro tempo.

La fantascienza è un genere che in Italia è stato quasi sempre sottovalutato. Perlopiù apprezzato da un pubblico di nicchia, con poche eccezioni, che coincidono con le saghe che rappresentano successi mondiali, come Guerre Stellari e pochi altri.

Ma il vastissimo mondo della fantascienza, che ha trovato un terreno molto fecondo nella cultura anglosassone, non ha eguali nel nostro Paese.

L’Italia preferisce prodotti letterari, cinematografici e televisivi decisamente diversi.

Se sia un bene o un male, dipende soprattutto dai gusti. Ma di certo rappresenta un vero peccato questa chiusura ad un genere che ha una grandissima valenza filosofica. E mette in evidenza quello che è il più profondo sentire dell’epoca specifica cui appartiene la creazione dell’opera. Se guardiamo ai romanzi e ai telefilm degli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso, vediamo subito come nella maggior parte dei casi ci sia sullo sfondo della narrazione la tensione della Guerra Fredda, l’incubo di un conflitto totale che annienti il genere umano.

Nelle produzioni più recenti, superata questa contrapposizione storiche tra le due superpotenze, assistiamo invece ad un filone che vede i maggiori pericoli provenire o da una tecnologia sempre più invasiva o da fenomeni distruttivi di portata globale, come possibili pandemie. Ogni epoca ha i suoi mostri. La fantascienza può essere un modo per scoprirli e per esorcizzarli. Soprattutto è un genere che aiuta a comprendere molto della nostra società. Del resto, ce lo ha insegnato George Orwell con 1984. Ma, come dicevo all’inizio, in Italia preferiamo altre storie.