La Madda e il bello di essere provincia

L’editoriale di Francesco Caielli

La Madda ha chiuso la palestra di via Libia a Malnate per l’ultima volta. Ha salutato tutti a modo suo e, a modo suo, se n’è andata per sempre. Mamma di tutti quelli che hanno avuto la fortuna di passare tra quelle mura, non solo del suo adorato figlio Stefano. Logico che ora la stiano piangendo in tanti, ognuno orfano a suo modo di quella donna dai modi secchi e genuini alla quale era impossibile non voler bene.

Il sale scaramantico gettato nello spogliatoio prima di ogni partita, il suo rimbrotto quando qualcuno cadeva per terra e tardava a rialzarsi (“Leva sù, ca l’è mia nagot”), le parole giuste e capaci di farti subito sorridere quando si perdeva ed eravamo incazzati con gli arbitri, le sue sgridate quando ci beccava a portare da mangiare in spogliatoio.

Non si giocava alla palestra di via Libia, macché: si giocava al “PalaMadda”, un neologismo che tutti quanti avevamo fatto nostro e che era diventato prassi pure per gli avversari che venivano per le partite e avevano imparato ad aspettarsi la sua accoglienza. Non ha mai saltato una partita che si giocasse nella sua palestra: giovanili, senior, ragazzini, basket femminile. Sempre lì, nel suo angolo, a fare il tifo per i suoi ragazzi. Gli aneddoti si sprecano, ognuno ha il suo ricordo personale. Chi scrive non si può levare dalla testa un’immagine troppo bella per essere dimenticata. Partita decisiva per la vittoria del campionato per noi dell’A.Ge. Malnate, vittoria schiacciante e festa in mezzo al campo. E in quel mucchio selvaggio di gente che si abbracciava ebbra di felicità c’era la Madda: che aveva invaso il campo perché non voleva mancare alla festa.

La grandezza di chi se ne va non si misura dalle lacrime versate da chi resta, no. Si misura dalla capacità di strappare qualche sorriso anche nel momento del dolore. E siamo sicuri che in tanti, ieri, pensando alla Madda si siano sorpresi a sorridere nella tristezza.
È bello sapere che ci sono figure così, figure come la Madda. È bello che ci siano donne meravigliose capaci di incarnare tutto il bello del nostro essere provincia, del nostro essere paese, del nostro essere comunità.
E qui non stiamo parlando solo di sport, anzi: qui lo sport non c’entra proprio nulla. Figure che non dovrebbero mancare nella vita di nessuno, figure splendide nell’affiancarsi con discrezione al ruolo delle famiglie, figure in grado di lasciare un segno nella crescita di ognuno.

Figure capaci di vivere il proprio ruolo come una missione e di fare il proprio dovere come se fosse il lavoro più importante del mondo. Figure capaci di insegnarti tutta la dignità che sta dietro al gesto di lavare un pavimento o la soddisfazione di vedere i bambini che si vanno a cambiare in uno spogliatoio talmente tirato a lucido che ci si potrebbe pure mangiare per terra. Figure capaci di insegnare senza parlare, di lasciare il segno senza colpire. Figure che, quando se ne vanno, lasciano vuoti impossibili da colmare. Tutti noi abbiamo avuto una Madda, nella nostra vita, e la nostra vita è più bella anche per questo.

Il nostro saluto vuole essere questo, dunque. Un sorriso per ogni momento passato insieme, una lacrima per il silenzio lasciato, un grazie per essere stata quello che è stata. In tanti ricorderanno gli anni passati in quella palestra come i più belli e i più sereni di sempre. E senza la Madda non sarebbero mai stati così.