La nostra solitudine al tempo dei social? Invertiamo la tendenza e diffondiamo cultura

L’Elzeviro di Marco Tavazzi

La solitudine al tempo dei social.

Un argomento che potrebbe essere considerato ormai quasi banale, perché dell’isolamento che il mondo telematico, già da molto prima dell’avvento dei social network, provoca nei più giovani, e ormai non solo, se ne è sempre parlato.

Dalla nascita di internet in avanti la società umana ha dovuto affrontare questo fenomeno, quello della chiusura dei rapporti “fisici” a favore di un metodo distaccato di rapportarsi e conoscersi, attraverso il filtro di uno schermo. Schermo che può essere quello di un telefonino o di un computer. Oggi di un tablet. Poco importa.

Il distacco si crea e può trasformarsi in una difficoltà a relazionarsi quando ci si ritrova nel mondo “reale”.

Non che i rapporti che nascono online siano per forza finti o privi di spessore. Ma sicuramente c’è quell’elemento di filtraggio, come le emozioni che possono essere lette in uno sguardo, che le rende meno profonde.

Tuttavia ormai ci troviamo in una società digitale, nel bene e nel male.
E dobbiamo viverci, cercando di non cadere nelle sue trappole, ma di sfruttarne i benefici.
L’uso dei social network non dovrà mai essere sostitutivo dei rapporti umani, ma anzi potrebbe in alcuni casi potenziarli.
Basta farne un uso intelligente. Cosa che significa, per quel che possiamo vedere, usare i social per diffondere cultura.

Quando si scrive uno stato d’animo, facciamolo in modo non banale. Ed evitando di scadere nel melenso. Ma soprattutto usiamo i social per diffondere cultura. Pubblichiamo citazioni, poesie, brani letterari. Usiamo la rete per quello che veramente serve, per trasmettere cultura. E per arginare quello che invece, purtroppo, molto spesso viene trasmesso per la maggiore: superficialità e ignoranza.