L’aereo azzurro vuol dire purezza

L’editoriale del nostro Bruno Melazzini

Quell’aereo vuol dire purezza. Una purezza da incastonare, custodire, tramandare. Il DC 9 che riportò gli Azzurri a casa dopo la finalissima del Bernabeu nel lontano 1982 merita il posto che Volandia vuole tributargli all’interno del museo del volo di Malpensa. Oltre a essere un simbolo della nostra storia, sulle ali di quell’aereo si sono librati in volo, in quel luglio bollente di 34 anni fa, i sogni di milioni di bambini. E lo hanno fatto con la purezza linda e cristallina che solo gli occhi di un bimbo sa captare nello spettro confuso e multicolore di un abbagliante raggio di luce.


Demolirlo sarebbe uccidere quello spirito unico che cresce solo nella primavera della vita: la voglia di sognare, la capacità di farlo, la fortuna di vedere solo il lato bello delle cose. Zoff, Gentile, Cabrini, Collovati, Scirea, Oriali, Conti, Tardelli, Rossi, Antognoni, Graziani. Undici nomi scritti nel bronzo per chi all’epoca aveva otto, nove, dieci anni. Ai nostri occhi non esistevano campanilismi, rivalità, invidie, recriminazioni, in quei radiosi giorni d’estate. C’erano solo loro, gli Azzurri.
Seduti su quei divani un po’ kitsch che avevano ancora addosso l’odore degli anni Settanta, noi bimbi vedevamo nei calciatori di quella Nazionale semidei vestiti di blu, invincibili eroi greci capaci di affrontare ciclopi, draghi e minotauri e sconfiggerli per donarci un sorriso innocente. Rossi sotto la porta faceva inginocchiare ai suoi piedi orde di barbari, Gentile li colpiva con il suo maglio degno di Thor, Conti si librava sulle fasce, foltochiomato come un novello Paride: sembrava avere ai piedi un paio di ali.
Già, le ali. Sono quelle di un DC 9 a bordo del quale l’Italia intera, e non solo i bambini, ha potuto ammirare una delle scene più genuine della storia del nostro Paese: quella partita a carte tra Zoff il Capitano, Pertini il Presidente, Causio il Barone e Bearzot il Cittì. In un angolo, su quel tavolo, quasi fosse un fiasco di vino in un’osteria di provincia, campeggiava la Coppa del Mondo. E noi bambini lì, sotto quel cielo mai così Azzurro, ad alzare gli occhi cercando di afferrare anche per un solo secondo le ali del nostro sogno appena nato.