Lidia Macchi e caso Maldera. A Varese si cerca la verità

Oggi si analizzerà la lettera “In morte di un’amica”. Udienza preliminare per Piccolomo

Due cold case in aula a Varese oggi: Stefano Binda, 49 anni, sarà davanti alla Corte d’Assise presieduta da Orazio Muscato per l’omicidio di Lidia Macchi consumatosi nella notte tra il 5 e il 6 gennaio 1987. Giuseppe Piccolomo, 66 anni, il killer “delle mani mozzate” già condannato all’ergastolo per l’omicidio di Carla Molinari nel 2009, sarà davanti al gup Anna Giorgetti accusato dell’omicidio di Marsisa Maldera, la prima moglie, morta in un misterioso incidente a Caravate nel febbraio 2003. Tina e Cinzia Piccolomo, le figlie del sessantaseienne chiedono «giustizia per nostra madre. L’ha uccisa lui. Lei merita la verità».

Durante il processo a Binda sarà analizzata una delle prove cardine dell’accusa.

La lettera “In morte di un’amica”, missiva anonima recapitata a casa Macchi il 10 gennaio 1987, giorno delle esequie di Lidia, che per gli inquirenti conterrebbe rimandi all’omicidio e che quindi potrebbe essere attribuita all’assassino oppure a qualcuno che conosce molti dettagli di ciò che accadde quella notte. Patrizia Bianchi, la super teste innamorata di Binda 30 anni, nel 2015 vide un’immagine della lettera in Tv e vi riconobbe la grafia di Binda. Il quale nega di esserne l’autore.

Il 12 aprile scorso, inoltre, in occasione della prima udienza dell’Assise l’avvocato bresciano Piergiorgio Vittorini ha informato la corte, con un carteggio, di rappresentare «una persona» (non ha specificato se uomo o donna) che sostiene di essere il vero autore della missima. L’avvocato però non è autorizzato a rivelare l’identità del proprio assistito ed è legato dal vincolo professionale. Alla luce di tutto questo sarà fondamentale ascoltare la testimonianza del perito grafologo dell’accusa, che attribuisce a Binda la “paternità” della lettera, nonché quella del perito merceologico che ha analizzato il foglio sul quale In morte di un’amica fu scritta. Foglio che sarebbe perfettamente compatibile con un quaderno trovato a casa del quarantanovenne al momento della perquisizione. Per i difensori di Binda, Patrizia Esposito e Sergio Martelli, invece quel foglio potrebbe arrivare da migliaia di quaderni venduti in tutta Italia all’epoca dei fatti in quanto di uso molto comune. Per la morte di Maldera, invece, venerdì sarà il giorno della verità: il gup deciderà se rinviare a giudizio l’uomo che, per l’accusa, avrebbe inscenato un incidente stradale imprigionando la moglie in una trappola di fuoco mortale per poter sposare la giovane amante, oppure archiviare il caso. Piccolomo 14 anni fa patteggiò una pena a un anno e 4 mesi per l’omicidio colposo della moglie: gli inquirenti all’epoca accettarono l’ipotesi incidente stradale. Per Stefano Bruno, difensore di Piccolomo, esiste un chiaro ne bis in idem che impedisce la celebrazione di un secondo processo per lo stesso fatto. In assenza di nuovi elementi.