Varese si ribelli alla follia verbale

L’editoriale di Mario Chiodetti

Giosuè Carducci, uno che non si cuciva la lingua se c’era da esternare, alle nefandezze dell’allora ministro dell’istruzione Emilio Broglio, esponente della Destra storica che voleva affossare i conservatori di musica, rispose con due versi fulminanti: «Passai per San Fiorenza/ intesi un raglio/ era un sospiro del ministro Broglio».
Oggi i ragli non si ascoltano più, ma si leggono nei social network, dove “la class di asen” del leggendario Ferravilla aumenta ogni giorno di numero ed esponenzialmente decresce d’intelletto, tanto che il solo Carducci avrebbe vita ardua a controbatterne il vuoto mentale e l’arroganza, dote principe dell’ignorante già dispensata a piene mani in anni vestiti di nero.

Su Facebook un amministratore pubblico, confinato per pietismo politico e umano in un assessorato risibile ma pagato anche con i soldi di chi ha offeso, si è permesso di ingiuriare la memoria di chi ha combattuto perché anche persone come lui possano vivere in un Paese democratico e forse civile.
Nella sua pagina, in cui compare con regolare camicia azzurra, giacca blu e orologione in bella mostra da yuppie in ritardo, un’espressione che avrebbe dato materia di studio a Cesare Lombroso,

l’assessore alla Sostenibilità e tutela ambientale Stefano Clerici ha amici, come certo Casty che si firma Maresciallo d’Italia Drummer, che gli scrivono: «Ridatemi la Wehrmacht vi prego!!!», oppure (tale Ripoli) «ho un nervoso che se fossero passati davanti al MIO (maiuscolo) di negozio uscivo con la mannaia», riferito naturalmente ai manifestanti dell’Anpi e del sindacato, sfilati pacificamente in silenzio per testimoniare il loro no ai rigurgiti nazifascisti tipo la svastica e le rune comparse nel sacrario di San Martino.

Persone che difendono qualcosa in cui continuano a credere, in una città che ha completamente perduto la memoria dell’altrieri ma non il nerofumo di certi atteggiamenti da capomanipolo, duri a morire soprattutto quando mancano totalmente le idee di governo, e ci si affida a parvenu inaciditi dalla propria inettitudine, abbaianti come cani alla luna.
In una giunta “taja e medèga” come quella Fontana, un elemento come Clerici può prosperare, insultare ogni essere umano che non tiri dritto e lanciare peti nello spazio come la straordinaria trovata di intitolare villa Toeplitz a Ottavio Missoni.
Certo, Varese ha i politici che si merita e ha votato, ma ciò che preoccupa di più è la strisciante intolleranza, la violenza verbale, la minaccia ripetuta, lanciata attraverso la catena sottile ma resistente della rete, che mostra come la città, sottotraccia, non abbia mai davvero perduto la sua connotazione di destra, ma di una destra ottusa e amorfa, di meschinità piccolo borghese.

Su personaggi come l’assessore al Verde pubblico deve calare il silenzio mediatico, ma è necessario che il primo cittadino faccia al più presto un profondo esame di coscienza, perché la parte sana della nostra città non può essere più rappresentata da chi usa i soldi pubblici – proprio come le «zecche» tanto care all’assessore – per avere una vetrina ove esercitare il proprio odio personale.
Ogni cittadino dovrebbe sentirsi offeso dalla dissennatezza verbale di Clerici, e reagire con sdegno per cancellare l’immagine di una Varese sempre più cupa e malata, non soltanto moralmente. Prima che gli amici di merenda affilino davvero le mannaie.