Veronica dal carcere al marito: «Non mi abbandonare»

Detenuta con l’accusa di aver ucciso il primogenito. Lei si proclama innocente: voglio andare ai funerali. Il padre di Loris: troppe coincidenze contro di lei

Una cella isolata del «braccio femminile», un letto e un piccolo bagno. Inferriate alla finestra, alta, ma anche alla porta perché sia possibile vederla, 24 ore su 24, e da dove arrivano le urla della sezione maschile: «Assassina, non puoi restare qui». Contestazioni che provano Veronica Panarello, la madre di Andrea Loris Staval, in stato di fermo perché accusata di avere strangolato e gettato in un canalone il figlio di otto anni.

Ma le pesa di più la lontananza dalla famiglia: «Mi mancano i figli», ammette parlando del bambino che non c’è più e del fratello più piccolo che immagina «solo a casa». E sente l’assenza pure di suo marito, Davide Stival, anche se lui non nasconde i suoi dubbi: «Mia moglie dice di aver portato Loris a scuola ma ci sono troppe coincidenze contro di lei», e comunque, «chi è stato è stato, anche fosse Veronica, deve pagare», perché «non si può fare questo a un bambino». E poi, continua, «se ci sono le prove, perché dovrei starle accanto?».

Lei ha deciso di «dare battaglia» e gli lancia un appello dal carcere: «Non mi abbandonare, Davide». Chiede di sapere quando saranno i funerali del bambino «perché – dice – voglio partecipare» e, soprattutto, ribadisce ancora una volta: «Sono innocente, io non c’entro…». Una frase, quest’ultima, che diventa un mantra per la donna: la ripete a chiunque vede in carcere. «Sono determinata ad andare avanti per dimostrare che non sono stata io», dice, alternando momenti di pianto, che la stremano, ad attimi di apparente distacco.

La linea di difesa è decisa, ed è lei, minuta nel fisico ma forte nel carattere, a dettarla al suo legale, Francesco Villardita, che incontra in carcere a Catania dopo che i colloqui degli altri detenuti si sono conclusi. «Ho accompagnato Loris a scuola e non so chi l’ha ucciso», rimarca ancora una volta. E invita il suo avvocato a lanciare un appello: «Chi sa parli», lo stesso rimasto quasi inascoltato fatto dalla Procura di Ragusa dopo la scoperta del delitto, il 29 novembre scorso. Il legale dice di averla trovata «ancora processualmente serena, ma molto provata in carcere, da dove continua a chiedere giustizia». «Continua incessantemente a ripetere che è innocente – ricostruisce Villardita – e che quella mattina ha accompagnato il bambino a scuola. Su questo non ha assolutamente dubbi: dà sempre la stessa versione dei fatti».

Sua madre, Carmela Aguzza, ammette che «Veronica è stata sempre una ragazza problematica», ma, precisa, «non è un mostro: sono convinta che nasconda qualcuno o qualcosa». «Mi dispiace e soffro per quello che sta passando – aggiunge –, lei è mia figlia e non provo odio, nonostante la morte di mio nipote». Per sua sorella Antonella Panarello, «è evidente che Veronica non c’è con la testa», ma è sempre stata «una madre affettuosa e presente con i suoi figli». Lei, in carcere, resta apparentemente tranquilla. Le altre donne la lasciano tranquilla, anche quando dalla sezione maschile tornano a riecheggiare le accuse.