«La messa in stazione ritrovi la sua scintilla»

Nata sedici anni fa come “messa scout”, con il tempo è cambiata. Frate Tommaso: «Va rilanciata». Come? «Maggior coinvolgimento»

«La messa della stazione deve tornare alla ricerca di quella scintilla di carità».
Così frate si riferisce alla celebrazione che da sedici anni si tiene alla stazione dello Stato di Varese nella notte tra il 24 e il 25 dicembre.
Quella nota come “messa scout”, perché organizzata dal gruppo scout Agesci Varese 1, sin dalla prima celebrazione è stata caratterizzata dal desiderio di avvicinare al secondo più importante momento liturgico del cattolicesimo le persone più

emarginate dal contesto sociale.
È con questo spirito che anche quest’anno è stata proposta la celebrazione, ovviamente in stazione, che inizierà alle 22 e si concluderà con i festeggiamenti.
A celebrarla sarà don , assistente ecclesiastico dei nove gruppi scout del territorio che si estende fra Gallarate e Luino.
«All’inizio i ragazzi del Clan/Fuoco, fra i sedici e i vent’anni, avevano fatto un lavoro complesso legato a questo tipo di persone, ad esempio i senzatetto – spiega , capo fuoco del Clan/Fuoco Varese 1 – Proprio ispirati da questo progetto avevano organizzato la prima messa di mezzanotte dedicata a queste persone, fermandosi poi a dormire in stazione con loro».
Nato nel 1999 dal Clan/Fuoco, guidato dal capo e officiata da don detto “il donzo”, in sedici anni l’evento, che nel tempo si è fatto conoscere dalla città di Varese, ha subito una profonda e lenta evoluzione, arrivando a ospitare ogni 24 dicembre più duecento fedeli.
«I cittadini sono arrivati sempre più numerosi. – riferisce la capo scout – Vengono perché trovano nella messa in stazione una risposta diversa. Senza saperlo, con la messa in stazione abbiamo risposto a un’esigenza della città che non sapevamo esistesse».
Se da un lato la “messa scout” ha riacceso l’animo di molti fedeli, dall’altro l’affluenza dei protagonisti originari della funzione è andata a estinguersi negli anni.
«La stazione assume il significato di arrivo e di partenza, di incontro – racconta frate Tommaso Grigis, che nel 2013 ha celebrato la messa – Era un segno forte, una scintilla di carità, ma ormai si è un poco spenta. Nata sotto il segno dell’emarginazione, ora è diventata più un’abitudine. Andrebbe rilanciata».
L’osservazione del religioso è stata presa in considerazione dal gruppo scout, che ha dato una sua interpretazione. «All’inizio la volontà era quella di essere testimoni di una denuncia sociale, infatti anche l’omelia si focalizzava sul tema».
«La ricerca era proprio quella di una relazione umana e di un’aggregazione civile – racconta , all’epoca della prima celebrazione capo gruppo del gruppo Varese 1 – Nel tempo la messa si è aperta alla città. Viene soprattutto chi non frequenta spesso le chiese. Non è gente che non crede, ma spesso si ritrova in questa formulazione della messa, diversa e a tema sociale. Ormai per molti è solo una preparazione più intensa al Natale».
Un’altra ragione, più tecnica, è quella vincolata alla domanda: dove dormire? «All’inizio ai senzatetto era permesso dormire in stazione, ma negli anni le stazioni prima di Milano poi anche le nostre hanno deciso di chiudere – chiarisce Francesca Cecchini – e in assenza della garanzia di un posto dove dormire spesso decidono di spostarsi verso altri rifugi».
«I permessi per tenere una stazione aperta tutta la notte sono ormai molto difficili da ottenere. – conferma Ronca – Bisogna fare richiesta dei permessi all’azienda Centostazioni, a Roma. Poi ci sono paletti più severi, ad esempio non si può più usare il cero, per ridurre il rischio d’incendi, e nemmeno le panche, per agevolare un’eventuale evacuazione».
Nonostante la perdita della “scintilla” a cui frate Tommaso si riferiva, gli scout del gruppo Varese 1 hanno voluto rispondere alla stessa evoluzione sociale che ha vissuto Varese negli ultimi sedici anni.
«Il presupposto di aiuto solidale non viene a mancare, infatti dall’anno scorso facciamo una colletta alimentare prima della messa che poi doniamo alle suore di via Luini – prosegue Francesca Cecchini – Vorremmo però coinvolgere le comunità etniche. Coi ragazzi abbiamo invitato a partecipare le molte comunità del territorio, e già da qualche anno il vangelo viene letto in spagnolo, inglese e francese. La città è cambiata, ed è importante tenerne conto».