«Noi lì per zio Pasquale: sognava questo giorno»

Con questo spirito alcuni dei parenti, nipoti e pronipoti, del varesino monsignor Pasquale Macchi, sono partiti per assistere alla beatificazione del Papa che molti di loro hanno conosciuto.

«Abbiamo iniziato a preparare il viaggio quando, ai primi di agosto, abbiamo partecipato alla commemorazione della morte di Paolo VI al Sacro Monte – spiega , che fa parte della comitiva più numerosa, una dozzina di persone partite ieri mattina – Ci siamo organizzati tra fratelli, cugini e nipoti e portiamo con noi anche Lidia, che è la più piccola del gruppo con i suoi 18 anni».
«Ci è venuto spontaneo il pensiero di partecipare alla beatificazione – racconta – È stato un grande Papa che abbiamo sempre sentito vicino alla nostra famiglia grazie allo zio, suo segretario nei 15 anni di pontificato e prima ancora da arcivescovo di Milano».
Le prime parole da pontefice le rivolse proprio a Macchi e «la sua prima benedizione fu per la mamma di don Pasquale, la nostra nonna Antonietta».

Sapendo quanto grande fosse il desiderio «dello zio di vedere questo giorno ci è sembrato naturale partecipare alla cerimonia, anche come sua rappresentanza, certi che comunque ci vedrà dal cielo».
Per tanti dei parenti del vescovo varesino, uno dei ricordi più vividi era il viaggio con lo zio Carlo a Roma a fine giugno, in occasione dell’anniversario dell’elezione al soglio pontificio di Montini.
Il fratello di monsignor Pasquale, infatti, ogni anno portava i nipoti “Macchi e Bosoni” in Vaticano per incontrare il sacerdote e partecipare a un udienza col pontefice. «Per me Paolo VI avrebbe dovuto diventare beato già tanti anni fa – dice – è stato un Papa che ha guidato la Chiesa in un momento difficile avendo sempre come centro il Signore. Erano anni turbolenti a livello ecclesiale, ma anche civile».

«I ricordi personali che ho vanno indietro nel tempo, alla giovinezza e agli “inizi” della mia famiglia. Lo ricordo quando, da cardinale, venne a Varese a inaugurare il nuovo oratorio del centro, ma anche quando, già Papa, ci ha ricevuti mentre eravamo in viaggio di nozze».
«Eravamo gli ultimi in coda e ricordo il suo sguardo: dava l’impressione che ti scrutasse tutto come ai raggi X. Abbiamo scambiato due parole, ma è stata un emozione talmente forte che fatico a ricordarle». L’aiuta la moglie Anna che ricorda: «Ci ha detto di seguire l’esempio dello zio don Pasquale». «A monsignor Macchi – riprende Vittore – l’incontro con Montini ha cambiato la vita. Non solo per la dedizione dimostrata da segretario, ma anche per quanto si è speso fino all’ultimo per ciò che accadrà oggi».

Il pellegrinaggio è un’occasione di ringraziamento «al Signore per la figura e l’operato di Montini – dice – È stato pontefice che ha sempre amato tanto la sua Chiesa, ma non solo concettualmente. L’ha amata nel volto di ogni persona, di ogni figlio. Forse non sempre traspariva esteriormente, ma attraverso i suoi scritti e le sue encicliche è evidente. Un Papa che esprime la sua fede non come astratta o arida, ma concreta e di cuore».
Quando questi pellegrini, uno dei quali farà visita anche al cardinale varesinoche ha espresso la volontà d’incontrare alcuni concittadini, faranno ritorno a casa, porteranno con sé un altro ricordo, forse il più bello, da aggiungere ai tanti legati al Papa di Concesio.