Busto resiste. L’industria tra innovazione, cuore e ragione

Artigiani e imprenditori - Nel Dna locale la capacità di superare le difficoltà

Sì, resiste. Con la resilienza, direbbe l’intellettuale abituato a frequentare i salotti chic. Con la capacità di non arrendersi, dice il bustocco vero. Ci concentriamo sulla capacità di Busto di superare il periodo di crisi grazie a una capacità che è sì nel Dna, ma soprattutto in una combinazione intelligente tra cuore e cervello. Come direbbero gli antichi bustocchi, quelli che hanno fondato la Famiglia Bustocca, l’Unione Bustese Industriali, l’Aeroporto “Città di Busto Arsizio” (poi Malpensa), la Banca Alto Milanese, nella capacità di fare impresa e di produrre ricchezza innanzitutto avendo come soggetto la persona.
E non si tratta di discettare di liberismo d’antan o di altre inutili dissertazioni economicistiche, ma di guardare quella che è la natura vera del bustocco, la capacità di produrre ricchezza facendo dell’economia sociale di mercato un punto di riferimento.

Ed ecco perché ci concentriamo sulla zona industriale. Non perché sia l’esclusiva rappresentanza del mondo produttivo cittadino, anzi per certi diversi ne è una sua contraddittoria forma di superamento. Perché chiunque conosca la storia di Busto sa che la città è stata prima fortemente industrializzata con grandi industrie, di cui vale la pena di ricordare i Venzaghi, i Milani, i Provasoli, e con essi il “principe mercante” Enrico Dell’Acqua, la manifattura Tosi e con essa il grande Luigi Borri,

ma poi il grande miracolo economico italiano ha avuto Busto capitale, la Manchester italiana che attraverso quelle piccolissime, piccole e medie imprese, partendo dal tessile, hanno fatto della “casa e bottega” il punto di partenza.
E quindi, in una città che ancora oggi è fortemente caratterizzata da una commistione tra la residenza e l’industria, tra la residenza e il commercio, agli inizi degli anni Sessanta una visione dirigista, e purtroppo penalizzante rispetto all’economia, volle con un piano regolatore fortemente animato da una visione cattocomunista imporre l’espulsione del produttivo dal residenziale, con ciò provocando gravissimi danni e gravissimi vincoli allo sviluppo imprenditoriale della città.

Ma ancora una volta sono stati i bustocchi, sono stati gli artigiani, sono stati gli imprenditori a combattere le avversità della politica politicante e a far nascere la zona industriale di Sud-Ovest. Oggi in città esistono di fatto due zone industriali: una prevalentemente privata sull’asse del Sempione, sede della miglior azienda innovativa italiana – Eolo Spa già Ngi Spa – ma anche altre aziende competitive col mondo, come la Bandera e poche altre, e quella di Sud-Ovest prevalentemente di proprietà pubblica, con tutti i limiti che il dirigismo pubblico pone spesso, con la voglia di mettere le mani su tutto e di cercare di tosare le pecore e impedire che il carro tirato dal cavallo possa fare strada. Nel ripercorrere la storia della zona industriale, soprattutto sottolineiamo il fatto che l’azienda familiare così inserita nel tessuto sociologico, socio-demografico ed economico della città di Busto Arsizio continua ad essere una realtà con i piedi saldamente legati al passato, ma con lo sguardo proiettato al futuro.

Oggi nella zona industriale Sud-Ovest, e non solo, esistono vere e proprie eccellenze con ponti generazionali significativi, tra over 60 e under 30, tra nonni e nipoti, tra padri e figli, che hanno saputo resistere alla crisi, hanno saputo continuare a essere fedeli alla migliore tradizione della città, hanno saputo soprattutto essere competitivi guardando all’innovazione. In questo numero noi trattiamo prevalentemente tre storie diverse, ognuna originale, ognuna importante, ognuna che è innanzitutto una testimonianza. Come diceva Carlo Cattaneo, dietro ogni impresa c’è un atto di intelligenza ma, come diceva Enrico Dell’Acqua, dietro ogni impresa c’è innanzitutto un atto di buona volontà, di passione e una sintesi tra cuore e ragione. Le storie di Mad Color, della Syncro e di Frastema sono delle testimonianze e, come sempre, le testimonianze valgono più di ogni parola.