«Amo il bel gioco ma preferisco vincere. Varese è una piazza almeno da serie B»

Salvatore Iacolino ha le idee chiare: «Pensiamo di poter prendere giocatori superiori a quelli che c’erano»

Salvatore Iacolino – siciliano di nascita, piemontese d’adozione, classe 1950 – ha una caratteristica, fondamentale per la società che lo sceglie, per i giocatori che desiderano lavorare con lui, per i tifosi che sognano di averlo al comando della loro squadra: Salvatore Iacolino vince.

Lo dicono gli addetti ai lavori, lo sanno gli appassionati, lo conferma il suo strepitoso palmares: un Torneo di Viareggio, un campionato e una Coppa Italia con la Juventus Primavera; poi, 7 serie D: Casale (2003-04), Canavese (06-07), Alessandria (07-08), Savona (09-10), Cuneo (10-11; 14-15; 16-17). Ora, «la sfida più importante della carriera»: vincere a Varese.

Vivo a Torino con mia moglie Maria e le mie due figlie, Silvia e Laura, la mia famiglia. Per loro non ho mai voluto andare troppo lontano e per allenare faccio il pendolare: è una scelta di vita per poter stare con loro il più possibile.

Ho sempre vissuto di calcio. Da giocatore, iniziando a 9 anni alla Juventus, con cui ho fatto tutte le giovanili, con convocazioni anche nelle Nazionali, e sono arrivato ad esordire in Prima squadra a 18 anni con Ercole Rabitti: ero un giocatore molto tecnico, forse non accompagnato da un grande fisico; questo probabilmente mi penalizzò un po’ per avere una carriera importante. Dopo la Juve ho cominciato a girare: Piacenza, due anni a Ternana, 3 a Brescia, poi la Spal e ho chiuso la mia carriera a 30 anni dopo tre stagioni a Biella.


Ho iniziato subito, nel settore giovanile della Juventus, chiusi dopo quasi 20 anni con 5 stagioni di Primavera. Poi ho iniziato a lavorare con le prime squadre: Viterbese, Cuneo, Ivrea, Casale, Canavese, Alessandria, Savona, ancora Cuneo. E ora il Varese.


Alla Juventus ho lavorato e vissuto con allenatori molto importanti: il primo fu Ercole Rabitti, poi Rino Marchesi, Giovanni Trapattoni. E Marcello Lippi, con cui ho avuto un ottimo rapporto, lavorando per anni a stretto contatto.

Privilegio i giocatori tecnici. Ma sono un allenatore che vuole anche concretezza: se non vinco, non mi diverto. Se posso abbinare bel gioco e vittoria, sono contento: ma la cosa che preferisco è vincere.

In serie D mi sono spesso costruito da solo le squadre e privilegio l’uomo al giocatore: per questo mi informo sempre, in modo da essere sicuro di lavorare con uomini veri, con ragazzi a posto, che sappiano fare gruppo e stare in gruppo, che tengano e credano alla causa della società.

Sì. E quello che conta è il gruppo: il Cuneo quest’anno ha vinto, e non era la squadra più forte; ce n’erano 4/5 di pari valore o superiore. Ma a Cuneo c’erano ragazzi eccezionali, splendidi: sempre d’accordo tra loro, concentrati sull’obiettivo, nessun litigio; buoni giocatori, ottime persone. Quando sono arrivati eravamo in bassa classifica: io stesso ho fatto un po’ fatica a crederci. Poi, risultato dopo risultato, le cose sono migliorate e, devo essere sincero, ha giocato a nostro favore anche il fatto che le squadre davanti ci hanno un po’ “aspettato”. Fondamentale, poi, aver vinto tutti gli scontri diretti. È stato un bel campionato, equilibrato, con 6/7 squadre che si sono date battaglia.

È la sfida più importante della mia carriera. Farò sacrifici, perché spesso viaggerò, fermandomi solo qualche volta in città. Ma al Varese non si può dire “no”: è una società importantissima, di grande blasone, che non può giocare in serie D; la sua dimensione è almeno la B. Ho un sogno: poter dire «Ho vinto a Varese»; sarebbe un grande orgoglio. E vorrei vincere anche per i tifosi: così da ridargli quell’entusiasmo che sembra un po’ essersi perso, riportando la gente al Franco Ossola.


Sì. Cercherò anche di far divertire i tifosi, ma cosa c’è di più entusiasmante di vincere? Non sempre quando vinci ti diverti anche, ma vincere piace. Il girone sarà difficile, come l’anno scorso, con squadre attrezzate e ambiziose: il Gozzano, su tutte. Il Chieri e Caronnese, come sempre. La Bustese, che ha grandi obiettivi. Il girone B? Spero di no, conosco bene il girone A e lì posso dare quel qualcosa in più. Non ho una bacchetta magica, ma so che ce la metterò e metteremo tutta: faremo l’impossibile per vincere.


Pensiamo di poter prendere giocatori superiori a quelli dell’anno scorso: quando non vinci un campionato vai a cercare i difetti e qualcuno l’anno scorso c’era. Con la società e il direttore Merlin vogliamo cercare di sbagliare il meno possibile.


Avere un giocatore da 20/25 gol è un passo in avanti. Ma non solo in serie D, non crede? Vale in tutte le categorie: chi ha un grande attaccante, è avvantaggiato. Noi davanti vorremmo un pezzo grosso: quello che quando le cose si mettono male ti fa vincere 1-0. E insieme a lui giocatori che conoscano la categoria, di corsa e anche di qualità: sono convinto che la qualità in questo campionato paghi. Di giocatori bravi ce ne sono tanti: andare a prenderli adesso però è costoso. Inutile cercare subito i fuochi d’artificio: più avanti le cose cambiano e arrivano tante buone occasioni. Non bisogna avere troppa fretta.

Il mio secondo sarà un mio ex giocatore, che ha vinto con me a Cuneo: Luca Carretto. Un ragazzo valido, che sa lavorare e ha voglia di farlo.


Sì. Certamente sì.