Amore e certezze. «Il nostro sudore sarà speso per voi»

La Openjobmetis abbraccia i suoi tifosi al PalA2A. Caja promette: «Ripagheremo il vostro affetto». Oltre 400 persone sulle tribune nel primo giorno della stagione: ovazioni per il coach e per capitan Ferrero

In giornate così il copione lo scrive l’applausometro, commistione razionale e irrazionale com’è di emozioni, gratitudine, affetto e aspettative.

In un PalA2A al risveglio dopo tre mesi di silenzio da fine dei giochi, gli applausi hanno parlato. Tanto. Hanno indicato, come fossero una salvifica bussola, i punti di riferimento nella selva oscura e sconosciuta di una stagione al suo incipit. Questa più di altre, con alle spalle un’estate in cui per l’ennesima volta si è iniziato quasi tutto da zero, senza soldi e pescando dove pochi hanno normalmente il coraggio o l’esigenza di pescare.

Nelle incognite di un inqualificabile infinito, ieri i tifosi – divisi tra amore incondizionato (sgorgato in numeri di tutto rispetto: oltre 400 persone tra tribuna e parterre) e dubbi – si sono aggrappati alle poche certezze che hanno trovato sul parquet di Masnago. Una su tutte: Attilio Caja. Dopo i ringraziamenti dell’altro “padrone di casa”, il direttore generale Claudio Coldebella, davanti al pulpito di supporter bramosi di coordinate si è presentato lui. Senza microfono, abituato com’è a farsi sentire dai giocatori nelle cattedrali semivuote degli allenamenti. E sono stati applausi. Scroscianti, calorosi, genuini, pieni. Un’investitura, a leggerli bene.

Emozionato, Caja ha preso la parola e dettato il manifesto della stagione biancorossa 2017-2018, nel quale c’è stato tutto l’allenatore pavese. Tutto. L’attenzione ai particolari, la precisione e l’universalità di un’anima che non vuole dimenticare alcun compagno di viaggio, la sua abilità persuasiva, l’onestà, la voglia e la passione, un pizzico di captatio
benevolentiae e una spruzzata di umana, e per questo apprezzabile, insicurezza davanti al buio del domani.

C’è stato l’Artiglio, insomma: «Vedervi qui in così grande numero è un qualcosa che ci riempie di orgoglio e responsabilità. Dovremo impegnarci tanto per ripagare il vostro affetto, senza il quale non potremo mai toglierci soddisfazioni. Non so quante partite riusciremo a vincere, ma vi garantisco che i giocatori che vedete qui con me quando usciranno dal campo avranno dato il 100%, fieri di indossare la maglia di Varese». Caja ha ringraziato chi lo scorso anno è riuscito, insieme a lui, a raddrizzare una stagione nata storta, poi è tornato sull’attualità: «Tante squadre hanno spinto molto sull’acceleratore quest’estate, tanti stanno facendo proclami importanti. Noi stiamo in silenzio, siamo gente seria, non abbiamo paura: dal primo dei giocatori all’ultimo dello staff siamo tutti consapevoli di dove vogliamo arrivare. Varese ha un pubblico che sa regalare punti in classifica: ogni goccia di sudore sarà spesa per voi».

Amen. E siccome non esiste Artiglio senza soldati, è spettato allo stesso coach presentare volti nuovi e vecchi della sua truppa. L’applausometro di cui sopra, allora, è tornato ad essere bussola. Si è concesso a tutti (anche agli ultimissimi arrivati come il fratello di Andrea De Nicolao, Francesco, che “servirà” negli allenamenti), ha abbracciato i nuovi, accolto il ritorno di Stan Okoye, responsabilizzato l’auspicata leadership di Wells, stimolato la gioventù alla prova del nove di Avramovic («Lui

si chiama Alexa, ma non mi ricordo il suo cognome» ha scherzato Caja. Ne avrà da sudare il ragazzo quest’anno…) e infine individuato un’altra boa nel mare. Per Giancarlo Ferrero un’altra ovazione: «L’esempio di come si possa passare dall’ultimo posto della panchina al quintetto» lo ha incoronato Caja. «Sento una grande responsabilità dentro di me – dirà più tardi Giancarlo, commosso per l’affetto ricevuto – La mia è una bella storia, è vero, ma lo sport non ha memoria: ora mi devo riconquistare tutto, così come i miei compagni».

È il turno dello staff, con gli applausi che stavolta accarezzano Massimo Bulleri, vecchio saggio del parquet pronto alla metamorfosi in allenatore, e Max Ferraiuolo, quercia indispensabile in ogni paesaggio che cambia fisionomia.

La classica foto di gruppo ferma il momento, lo assolutizza, scrive la prima parola di una storia collettiva che sarà somma di storie individuali. Hollis sorride e gigioneggia, Tambone è il volto dell’emozione, Ferrero quello dell’orgoglio, Cain della timidezza che cerca di ambientarsi, Waller quello della serietà: il nuovo biancorosso passa in rassegna con un carico di interrogativi che pretendono una sola risposta. Quella del campo.

E poi sono autografi, pacche sulle spalle e altri scatti. Con tifosi, giocatori, staff, società (presente anche il consigliere Riccardo Polinelli) e sponsor ( mister Openjobmetis Rosario Rasizza, mescolato tra il pubblico, viene ringraziato da Coldebella: «Non capita a tutti di avere un’azienda che creda in te per quattro anni di fila») confusi insieme. Come parte di un’unica famiglia.

È il primo giorno, baby. Una lettera vera di notte e falsa di giorno, come quella che cantava Fabrizio De André. A noi non resta che guardarlo com’è, arcobaleno di amore, incognite e incertezze che rinasce puntuale in un pomeriggio di mezza estate.