Aru scivola quarto, adesso si fa dura. Tappa a Roglic, Froome leader

Il cavaliere dei quattro mori in difficoltà: per il sogno serve un miracolo. Intanto si è ritirato Kittel

Il viso sfigurato dalla fatica non nasconde la sofferenza. Una smorfia inevitabile quando Bardet, francesino terribile, attacca a ripetizione.

Le gambe consiglierebbero di mollare, la testa rimane attaccata agli avversari. Uno, due, tre volte, Fabio Aru fa l’elastico e cerca di rientrare sugli avversari ma cede a pochi metri dalla cima del Galibier. Potrebbe essere la fine, lo è quasi, ma il sardo in discesa tiene duro e al traguardo paga “solo” 31 secondi da Uran, Froome e Bardet.

Poteva andare molto peggio. Doveva invece essere il giorno dell’attacco all’arma bianca, delle Alpi da scalare, dei rivali da sfidare e da staccare: a fine giornata, dopo aver scalato Croix de Fer, Telegraphe e Galibier, Aru si ritrova al 4o posto della generale, virtualmente fuori dal podio, a 53 secondi dal leader Froome e con le speranze di vittoria finale ridotte al lumicino, così come quelle di podio. Quante cose possono cambiare in un giorno: a Serre Chevalier vince uno straordinario Primoz Roglic, primo di nome e primo sloveno di fatto a vincere una tappa al Tour. Capace di staccare Contador ed Atapuma in salita e involarsi da solo a oltre 30 chilometri dall’arrivo. Segnatevi il nome, perché non è forte solo a cronometro.

Dietro si consuma un’altra corsa parallela: tutti insieme fino a 5 chilometri dal Souvenir Henri Desgrange di questo Tour, il Galibier, quella che al Giro sarebbe la Cima Coppi. Poi a rompere gli indugi è Bardet, che lancia tre squilli, tre attacchi in poche centinaia di metri che non scalfiscono Uran e Froome, ma alla lunga escludono Aru.

In discesa, dove potrebbe rischiare più degli altri, Bardet decide di non affondare il colpo e rimane con i compagni di avventura, collaborando per distanziare Aru. Parzialmente, missione compiuta. Perché in fin dei conti, 53 secondi di ritardo per Aru non sono nemmeno tanti, recuperabili però con un miracolo, con un’azione da campione. Le gambe viste ieri non lasciano presagire nulla di buono, il cuore però sa arrivare dove le forze non sono in grado, quindi oggi in cima all’Izoard è giusto sperarci ancora, sull’ultima grande salita di questo Tour. Il sogno non è tramontato ma si è terribilmente complicato: anche perché gli altri sembrano stare meglio. La giornata di ieri ha fatto registrare anche il ritiro di Kittel, dominatore degli sprint con cinque successi, che ha così ceduto la maglia verde a Matthews.