Avellino-Varese: il commento prepartita di Andrea Confalonieri

Maledetto cielo, ti prendiamo a pugni. Oggi non ci batti mai

Giurano che il direttore sportivo Spartaco Landini abbia reagito così, quando mercoledì gli hanno detto che oggi non sarebbe potuto andare ad Avellino, in attesa di entrare lunedì in ospedale: «Visto che mi dite che ho qualcosa ma io invece mi sento bene, non vedo perché aspettare. In ospedale ci entro subito e le cure le fate partire immediatamente. Se devo sentire davvero il dolore per guarire, preferisco cadere subito e rialzarmi». Aggiungendo al suo mister e alla sua squadra: «Ci

vediamo tra tre settimane, solito tunnel del Franco Ossola e stessa panchina». Questo è Landini. Questo è un uomo. Questo è il Varese. Che va ad Avellino come vittima sacrificale, senza due eroi come Corti e Zecchin, senza Luoni che insieme a Capezzi ha dato la vera svolta alla stagione biancorossa perché il suo attaccamento alla maglia è stato così commovente da superare ogni limite. Va in casa di una squadra impossibile da non applaudire perché rappresenta l’orgoglio di una terra che non s’arrende alle sue ferite, ma in questo caso i nove o diecimila spettatori del Partenio pensano comunque che il risultato più probabile sia il 2-0 e non riescono proprio ad aver timore dei biancorossi.

Va alla disfatta annunciata dagli altri, ma non da noi.

Noi ci aspettiamo la specialità migliore della casa biancorossa: il colpo di coda. Di Rea che ha promesso un gol per Spartaco. O di De Vito che in una sola partita può cambiare la sua storia contro una squadra che non ha creduto in lui e aveva già scritto la parola fine ai suoi sogni di grande calcio. Di Blasi che ha tante rivincite da prendersi con tutti e tutto. Di Rivas che qualcuno dipinge come un grande ex calciatore. È una partita da “non succederà più”, ma solo per noi. Non succederà più di avere la possibilità di riunirsi a cerchio prima del fischio d’inizio a dire: «Andiamo dentro e prendiamo a pugni il destino per quello che ha fatto portandoci via il nostro direttore».

Undici Spartaco, undici uomini di una volta che alla fine manterranno la promessa di riunirsi sotto la curva del Varese, chiamare un numero di telefono che conoscono a memoria e urlare: «Ecco cosa è capace di fare la tua squadra quando il cielo osa sfidarla. E adesso aspettaci in ospedale perché questa partita l’abbiamo giocata per te e veniamo a dirtelo di persona, tutti insieme, come una sola squadra racchiusa in un nome. Il tuo, Spartaco Landini».