Bologna – Varese 3-0: il commento di Andrea Confalonieri

Battuti da noi. Cannella in panca, fatelo giocare

Tre a zero doveva essere (nei forum dei tifosi bolognesi e nei Facebook dei gufi varesini) e tre a zero fu. La carta si trasforma in realtà e questo è grave, perché il Varese non ha mai fatto cantare la carta – se cantasse fino alla fine, retrocederemmo – ma il cuore. Non che non ci sia stato, ma è come se la squadra non avesse avuto la forza per buttarlo oltre l’ostacolo, quella serena disperazione che ti fa andare un metro oltre le tue possibilità. E invece il Varese è rimasto a guardare l’occasione che gli stava passando davanti. Si è fermato tre volte in area davanti a gol già fatti, battuto non dal Bologna ma dalle sue paure (di aver già perso, di avere sulla testa la spada del -4?).

Se sei convinto di essere più debole e che in qualche modo alla fine perderai, questa percezione si trasforma in realtà nelle cose più insignificanti e banali, che ti girano contro e ti travolgono. I contropiede falliti da Lupoli che non dà la palla a due compagni liberi per egoismo (lui che era stato finora il più generoso, in campo e fuori!), il gol dell’1-0 dopo tre minuti divorato da un Neto che solitamente l’avrebbe realizzato bendato (era quasi senza forza nelle gambe,

ma la forza te la dà sempre la testa), l’uscita da “Mai dire Gol” di Bastianoni che si fa infilzare da 40 metri (e viene poi mandato a quel paese da un compagno importante): sono segnali più pesanti del 3-0. Perché alle fragilità tecniche, agli errori di mercato (non si può affrontare la serie B senza terzini all’altezza), alle assenze insostenibili (Forte, l’“acquisto” dell’estate, non l’abbiamo più visto; le tre giornate a Zecchin sono una sentenza), ieri si sono aggiunte la leggerezza mentale, la mancanza di ferocia, quasi una certezza recondita di non riuscire a fare male.

Eppure dei supereroi americani, in campo, s’è visto poco o nulla. Noi abbiamo visto un Varese battuto dai suoi passaggi sbagliati sul più bello, dalla sua incapacità di credere furiosamente in un pareggio possibilissimo, dal suo non sentirsi intimamente all’altezza del palcoscenico.

Cos’ha combinato il Bologna più del Varese? Nulla, anzi: ha giocato e corso meno. Per questo siamo arrabbiati: perché bastava poco, e invece quel poco è stato fatto ma all’incontrario, prendendo tre gol evitabilissimi. Avevamo solo le fionde contro i carrarmati, ma davanti alla porta ci siamo tenuti in tasca anche quelle: perché?

Prendete il primo tempo: con un attaccante vicino a Lupoli, sarebbe finito 1-1. Cosa fare, ora? Non lasciare solo Bettinelli. Sostenerlo, aiutarlo e consigliarlo volendogli bene, visto che l’anima del Varese è la sua anima. Fa male vedere un allenatore solo con se stesso, anche visivamente, su quella panchina dove prima accanto ai Sannino e ai Maran facevano la differenza nelle piccole, grandi cose i Maraner e i Baiano, i Sogliano e i Milanese.

Noi ci proviamo: in società c’è un uomo che ha vissuto tutta la vita in questo calcio, che ne ha viste di ogni colore (anche peggiori di questo grigio tenebra), che ha portato Capezzi, che sa fiutare l’aria e raddrizzare la barca. Si chiama Beppe Cannella, è il responsabile dell’area tecnica: fatelo scendere in campo, e ascoltatelo. Se c’è da recuperare alla causa Petkovic, per esempio, lui sa come si fa: ci vive addirittura assieme. C’è bisogno di tutti, e di tutto. Da soli, non andiamo da nessuna parte.