Caro Vavassori, ascolta “quella voce” Libera dalle catene la tua e nostra Pro

Lettera aperta de “La Provincia” al patron biancoblù: avanti così, è serie D sicura.Società affidata a entità oscure e perdenti. Ripensa a chi ti disse “prendila, Pietro”

Caro Vavassori, se non caccia i mercanti dal tempio e non ripulisce l’aria dello Speroni come ha fatto nelle sue tre precedenti stagioni, la Pro Patria retrocederà in serie D e la sua personale immagine verrà macchiata. E non lo sarà per il risultato sportivo, ma per aver messo la sua e la nostra Pro nelle mani di persone che, dove passano, radono tutto al suolo.

Lei ha ereditato nel 2011 la Pro Patria dalle macerie in cui l’aveva lasciata la cattiveria di personaggi che avevano in serbo solo la distruzione dei colori biancoblù; volevano violentare una storia lunga più di novant’anni. Col suo straordinario intervento ha consentito che quella storia continuasse a camminare anche se la stupidità di un certo pensiero non le ha mai voluto riconoscere lo sforzo finanziario ed umano compiuto. È inutile ora ritornarci anche se forse qualcuno,

a mente fredda, sta prendendo coscienza che a Busto c’era un personaggio ben intenzionato a fare calcio e che, non solo non è stato aiutato, ma addirittura osteggiato. Fuori da ogni logica.
Caro patron, lei però è ancora qui. È lei che ha il comando della Pro Patria ed è nei suoi poteri toglierla di mano a gente che le sta facendo solo del male e alla quale ha affidato la gestione. A personaggi che nel calcio non avrebbero titolo di avere passaporti diplomatici, ma godono di strane immunità. Lei, caro Vavassori, ha permesso che entrassero dal portone dello Speroni.

Non aveva più intenzione d’investire sul calcio a Busto? Legittimo. Chapeau per aver nuovamente iscritto la squadra ed aver versato la fidejussione. Ma, a fronte di una difficoltà a vendere per le millanterie di certe cordate, sarebbe stato più opportuno mettere in campo una squadra di soli giovani lasciando fuori dallo Speroni personaggi paragonabili ad Attila.
Eh no, caro patron. Così non va. Occorre che lei riprenda il comando operativo. Se non lo facesse, suonerebbero contraddittorie quell’intenzione che ha più volte manifestato: e cioè di voler salvare la Pro Patria. E non sono quei due o tre giocatori che, forse, potrebbero arrivare a cambiare il corso della stagione, ma il ritorno di un punto fermo societario, il ripristino di un minimo di organizzazione con figure qualificate che abbiano autonomie decisionali sempre nel pieno della sua fiducia.

Caro patron, per lei la Pro Patria non è mai stata e, ne siamo certi, non sarà mai una squadra di calcio qualsiasi. Era ed è una spinta emotiva. Un lascito di una persona a lei per sempre molto vicina. È scontato che verso il blasone tigrotto lei non abbia alcun obbligo e nemmeno stiamo mettendo in atto ricatti morali. Però, perché lasciare che la sua e la nostra Pro vada alla deriva e venga umiliata? Perché permettere che venga sporcata quell’immagine che lei aveva contribuito a ripulire dopo anni in cui della Pro si parlava solo per debiti non pagati e ceste di punti di penalizzazioni o perché i giocatori dormivano negli spogliatoi dopo essere stati sfrattati dai loro appartamenti? Lei ha cambiato verso alla storia biancoblù con due campionati vinti sul campo e se fosse stato almeno un poco supportato oggi saremmo qui a parlare di una Pro magari in ben altra categoria.
Caro patron, ci permettiamo un consiglio: nel silenzio della sera ascolti quel “prendila Pietro” che un giorno qualcuno le sussurrò. Siamo certi che quella voce è sempre rimasta dentro di lei. Le arrabbiature e le amarezze l’hanno magari resa flebile. Ma è ancora lì.
E allora tenda l’orecchio. Forse quella stessa voce le sta dicendo di cacciare i mercanti dal tempio per aprire le porte ed il cuore a chi vuol bene alla sua e alla nostra Pro Patria. Quella voce vuole che lei vinca il “terzo campionato” in biancoblù. Con affetto e stima, buone feste, patron.