“Cazzimma” Under 16: il nostro futuro

È la squadra dei record del settore giovanile biancorosso e da domenica si giocherà lo scudetto a Vasto

Definizione di risultato: “esito conclusivo e definitivo che contrassegna un procedimento o ne convalida l’efficacia o l’esattezza”. Ora vi diamo una notizia che va a ribaltare il comune sentire in un mondo a volte un po’ adagiato su sentimenti di circostanza: i risultati, in un settore giovanile, contano. Eccome se contano.

Tre finali nazionali raggiunte in tre anni consecutivi: può esistere miglior prova di questa per misurare qualità individuali e collettive, lavoro svolto a livello tecnico e psicologico da parte di chi ogni giorno sale su una cattedra a forma di parquet (e si trova davanti dei “cuccioli” di giocatore e di uomo) e meriti di una società che presiede, investe e detta la linea? Lo crediamo onestamente difficile.

Lorenzo Mai, Andrea Calzavara, Igor Moscatelli, Jarol Montano Perez, Matteo Parravicini, Jacopo Iaquinta, Matteo Argieri, Alessandro Van Velsen, Omar Seck, Leonardo Passera, Luca Brotto: sono i “gioielli” dell’Under 16 della Pallacanestro Varese. Pronti a partire per Vasto dove, da domenica, contenderanno alle migliori formazioni d’Italia lo scudetto di categoria, come accaduto nel 2015 (Under 14) e nel 2016 (Under 15). Stessi giocatori, stessa unione, stessa magia, capaci – fusi insieme – di attentare al libro dei record biancorosso: solo la classe 1964 è (finora) riuscita a fare meglio di loro, ottenendo 4 ultimi atti consecutivi.

Il segreto della leva 2001? Chiedetelo al loro allenatore, Andrea Triacca, brillante nel proseguire il lavoro svolto dal decano Bruno Bianchi che ha svezzato, negli anni scorsi, questi virgulti: «I miei ragazzi vogliono provare ad “arrivare”, a inseguire il sogno di diventare dei professionisti – spiega il coach – Vi assicuro che una determinazione del genere non esiste dappertutto. Essa si traduce in un atteggiamento e in un impegno super: sono sempre presenti e puntuali agli allenamenti (anche quelli “duri” da sopportare, come all’antivigilia di Natale o a San Silvestro… ndr) e hanno un comportamento impeccabile. La loro forza è nel gruppo, che nei passaggi difficili da una categoria all’altra non è mai cambiato».

Nel cemento che lega questa sorprendente squadra va pertanto letta la capacità di superare i passaggi più impervi: «Questa stagione è stata un po’ travagliata – continua Triacca – Non siamo partiti benissimo, abbiamo cambiato metodologia di lavoro e non è stato scontato farlo accettare da tutti. Qualche passo falso c’è stato (Milano, per esempio, o la Fortitudo Bologna all’Interzona ndr), ma è stato sanato dalla fiducia, quella che io ripongo nei miei giocatori e quella che loro ripongono in me. Le finali raggiunte non sono altro che la conseguenza dei miglioramenti fatti, sia individuali che come collettivo».

E Vasto sia, dunque. Inseguendo uno scudetto sfuggito sia da Under 14 (sconfitta ai quarti nel derby contro la Robur), che da Under 15 (caduta in finale contro Cernusco). Non sarà facile: «Nel girone di qualificazione incontreremo Bassano, che è la favorita numero uno del torneo, può schierare il play della Nazionale Andrea Bargnesi, altri elementi nel giro azzurro ed è formazione dalla grande fisicità. Poi la Virtus Bologna allenata da un big come Gianni Corsolini, che sarò onorato di affrontare, e infine Siena, l’unica forse con la quale partiamo alla pari».

Serve un’impresa, serve «cazzimma, l’unico modo che avremo per colmare il gap fisico con i nostri avversari. Dovremo dare tutto, non dimenticandoci mai di divertirci. Vedo i ragazzi tranquilli e ciò mi conforta: questa settimana di preparazione per loro è stata normalissima. Piuttosto – scherza Triacca – è il loro allenatore che è un po’ emozionato: le finali io le ho sfiorate nel 1998, ma è la prima volta che ci arrivo».

Mentre il coach promette che in caso di titolo andrà a piedi dal PalA2A alle Tre Croci del Campo dei Fiori, è appena il caso di notare che un traguardo è già stato tagliato, ancora più importante dei record e di come andrà l’avventura di Vasto. Si chiama senso di appartenenza, si chiama senso della Storia: si chiama essere Varese. Seck e compagni sanno che significato abbia la canotta che indossano: rendersene conto risulta una boccata d’aria fresca nel porto di mare del basket odierno. «Eravamo in viaggio verso l’Interzona e stavamo discutendo degli avversari che avremmo dovuto affrontare e dei problemi che avremmo potuto incontrare. A un certo punto uno dei miei, non mi ricordo chi, salta su e taglia corto: “sì, ma ricordiamoci che noi siamo la Pallacanestro Varese…».

Di più: ne siete il futuro.