C’era una volta il triangolo del basket

Il tonfo di Milano, ma anche le situazioni di Varese e Cantù: due chiacchiere con Toni Cappellari

Povero triangolo lombardo del basket, verrebbe da scrivere, dopo aver peraltro tolto la polvere da una definizione magica ma ormai confinata nei libri di storia. Milano, Varese, Cantù: un triangolo isoscele sinonimo di trofei, personaggi, dominio e di un interesse imprenditoriale capace di sostenere e rinnovare senza soluzione di continuità i fasti sportivi.

«Oggi, invece, ognuna delle tre società ha una sua problematica da risolvere. E le soluzioni non sono facili da trovare». L’ assist è di Toni Cappellari, che della pallacanestro coniugata alla Rosa Camuna è stato uno dei massimi interpreti dirigenziali e ne rimane – anche più lontano dalla scene – un profondo conoscitore. Il discorso non può che partire dal tonfo della Milano eliminata in semifinale, a certificare un bilancio stagionale che fa a pugni con le risorse economiche a sua disposizione: «La squadra ha giocato in maniera inguardabile – attacca Cappellari – fondamentalmente perché nel progetto tecnico non è mai esistito un “giocatore capo” in grado di guidare i compagni. Repesa non ha saputo controllare la situazione e non condivido assolutamente ciò che ha detto sui tifosi del Forum: la colpa non è loro, che anzi sono un pubblico corretto che venerdì ha anche applaudito Trento».

Da dove si riparte per mettere ordine al caos? Il decalogo dell’ex presidente di Varese è categorico: «Dai giocatori italiani del roster, che sono tutti da salvare a mio parere, da un nuovo g.m., da un nuovo allenatore e da stranieri che possano fare bene, senza scommesse. E poi da Armani: ad alcuni bisognerebbe ricordare che se l’imprenditore lasciasse, il basket a Milano sparirebbe subito. A lui va solo detto grazie».

Saliamo di cinquanta chilometri verso ovest: «A Varese il problema sono solo ed esclusivamente i soldi. L’allenatore si è dimostrato super ed è stato confermato, in società c’è un grande conoscitore della pallacanestro come Bulgheroni, il primo acquisto del mercato, Okoye, secondo me è eccellente. I soldi, però, vanno trovati».

Altri cinquanta chilometri, stavolta ad est, e si è in piena Brianza: «Irina Gerasimenko secondo me è riuscita a creare una situazione positiva, affidandosi tecnicamente a una sicurezza come Carlo Recalcati. Tra le tre mi sembrerebbe quella nella situazione più tranquilla, se non fosse che ha un proprietario bloccato a Cipro…»

Insomma, che si fa per tenere in piedi il triangolo? «Servono scelte appropriate da parte di chi decide, da parte delle proprietà: la pallacanestro lombarda deve tornare a tracciare la via».

Accontentandosi, nel frattempo, di guardare gli altri. A proposito: chi vince Serie A e A2? «In A2 dico Virtus Bologna – è la profezia di chi mai si tira indietro nei pronostici e spesso ci azzecca – Tra Avellino e Venezia vedo leggermente favorita la seconda, che ha anche rotazioni più lunghe rispetto a Trento. Il rischio, per la squadra di Buscaglia, è che ora nei giocatori subentri in un impercettibile appagamento».