«Dobbiamo correre di più… Milano? Carichi, senza pressioni»

Coach Caja all’antivigilia del derby: «Imprescindibile il contropiede per il nostro attacco»

C’è Milano, la montagna più alta del nostrano massimo campionato di basket. Ma c’è soprattutto Varese, c’è sempre Varese. Prima di ogni avversario c’è una strada da percorrere, che non può prescindere dalle tappe (anche quelle proibitive) ma che alle tappe non si ferma.

Questa, sempre restando dentro la metafora, è la sempiterna mappa di Attilio Caja, che nel presentare il derby numero 175° della storia parte dalla sua di squadra. Parte da quello che stanno facendo i suoi giocatori, dai loro miglioramenti, dalle loro pecche, dalle loro sensazioni. Parte dalla ricerca della meta. Non da come affrontare la tappa più vicina: «E’ stata una settimana in cui abbiamo cercato di puntualizzare alcune cose che erano andate meno bene contro Venezia. E di pensare a qualche aggiustamento per trovare situazioni in più in campo aperto, tramutando il lavoro difensivo in contropiede, che ci è mancato molto contro la Reyer. A difesa schierata abbiamo certe armi, a volte limitate: dobbiamo quindi cercare quelle in transizione per non essere sempre 5 vs 5. Vale non solo per domenica, ma per tutto il campionato».

Caja continua: «Abbiamo anche insistito sull’aggressività difensiva, che deve tenere presente delle caratteristiche individuali degli avversari. Ci vuole grande attenzione al piano partita, bisogna essere più smaliziati: se un giocatore ha il tiro da tre punti come arma, per esempio, si può forse rischiare di più di lasciargli l’uno contro uno. E’ tutta una questione di conoscenza: un Goudelock non è un Micov… Un buon bagaglio tattico ci servirà per crescere».

Nell’analisi l’Artiglio si sofferma anche su un singolo: «Wells può fare di più, penetrando e creando vantaggi per i compagni. Il suo precampionato è stato sfortunato, perché è stato vittima di qualche problema fisico che lo ha limitato e fatto rimanere più indietro degli altri. Questa settimana, però, l’ho visto meglio. Per noi è imprescindibile: abbiamo bisogno di tutti, ma lui è il playmaker…».

Ecco Milano, alla fine: «Affrontiamo questa partita con la consapevolezza che sia molto difficile. Non abbiamo una pressione particolare, ma abbiamo il dovere di fare del nostro meglio. Milano ha classe, atletismo, dinamismo: Theodore è come se avesse un “motorino”, Goudelock è stato l’anno scorso il terzo miglior marcatore di Eurolega, Gudaitis ha preso 8 rimbalzi offensivi contro Cremona. Sono in primis i numeri a spiegare la forza dei nostri prossimi avversari. Però è bello incontrare la squadra migliore d’Italia, con un allenatore importante (e che io conosco bene) e in un palazzo in cui è sempre emozionante giocare. Tutto ciò sia da stimolo per affrontare la gara con voglia e la con carica giusta».

L’allenatore pavese è un ex di turno, avendo guidato la squadra meneghina in due parentesi diverse (dal 2002 al 2004 e nel 2007/2008: «La Milano della prima volta aveva budget limitati (c’erano gli sponsor Pippo e Breil ndr), ma sono state stagioni molto belle. Importante è stato anche il 20007/2008, con Armani non ancora proprietario (era solo sponsor) ma una grande passione. Per esempio: se oggi l’Ea7 ha un pubblico numeroso è perché ha lavorato sulla promozione fin da quegli anni».

L’ultima battuta è su Bob Morse, che giovedì sera all’evento de Il Basket siamo Noi (ma anche il giorno antecedente, prima dell’allenamento) ha parlato ad Avramovic e compagni: «E’ stata una cosa molto piacevole, ho visto i miei ragazzi interessati: nel capire chi fosse Morse e cosa abbia rappresentato per Varese».