«Faccio il pendolare per un sogno»

A Seriate il ritrovo con Capelloni, che parte da Brescia, poi 140 chilometri per arrivare a Varesello. La storia del preparatore dei portieri Dimitri Bianchi: «Il Varese è un’occasione che merita sacrificio»

Il mondo è pieno di quarantenni che fanno i pendolari ma ce n’è uno che può dire di far parte di una squadra da record. Dimitri Bianchi, a 42 anni, è il preparatore dei portieri del Varese e tutti i santi giorni si fa, fra andata e ritorno, 280 chilometri per raggiungere Varesello e per tornare a casa.

A Lovere, paese della provincia di Bergamo, che confina con quella di Brescia.

Dura e stancante ma insieme a Daniele Capelloni è più semplice fare i 140 chilometri dell’andata e quelli per il ritorno. Ci troviamo a Seriate, alla periferia di Bergamo: una settimana metto io a disposizione l’auto, in quella successiva lo fa lui. È un modo per dividere le spese ma anche per stare in compagnia durante il lungo tragitto. Viaggio volentieri perché il calcio è la mia passione e poi Varese è un’occasione che merita sacrificio.

Sì, sono responsabile in un noleggio di macchinari da lavoro, che è a cinque chilometri da casa.

Sì, mi sono occupato del settore giovanile e delle squadre dalla Berretti ai Giovanissimi nazionali. Prima ero al Darfo Boario in Serie D: è lì che ho conosciuto Giuliano Melosi e Ciro Improta. Il nostro staff si è affiatato nel corso di quell’esperienza in cui abbiamo raggiunto una salvezza in una situazione disperata. Appena c’è stata l’occasione per riformare il gruppo l’abbiamo colta al volo ed eccoci a Varese.

Avevo capito immediatamente che la società avrebbe fatto di tutto per tornare al più presto tra i professionisti. Sono rimasto colpito dalla voglia dei dirigenti che mi sono piaciuti e mi hanno reso subito partecipe del loro progetto.

È tutto perfetto e con i risultati che stiamo ottenendo diventa difficile trovare qualcosa da eccepire. Spero di avere la possibilità di andare avanti: Varese è un sogno.

Nel calcio non ci sono mai grossissime certezze e spesso si vive di giorno in giorno più che di stagione in stagione. Vicino a casa ho un lavoro che mi tengo stretto ma se dovessi avere col Varese l’occasione calcistica tanto attesa, sarei ben felice di mollarlo per dedicarmi solo al pallone, passione della mia vita.

Ho giocato in porta ma dopo un brutto infortunio ho rivestito anche altri ruoli. Sono arrivato in Eccellenza con squadre del bergamasco.

Sicuramente di buon livello e può crescere ancora molto. Lui, come gli altri, che sono Scapolo, Montanari e Serughetti, sono bravi ragazzi, sempre disponibili: non si tirano mai indietro e hanno una dote non facile da trovare che è l’educazione. Con i portieri si lavora sempre faccia a faccia durante la settimana e si entra nella loro sfera più intima.

Un pizzico di spregiudicatezza perché è con questa caratteristica che si possono affrontare senza paura le situazioni pericolose in campo. Un portiere non deve stare a pensare troppo a quello che sta facendo ma deve seguire l’istinto.

In effetti, se ci si lascia andare troppo, si rischiano brutte sorprese e l’esempio è proprio quello del derby di domenica scorsa: tutto il Legnano, dopo essersi portato in vantaggio, è andato a esultare sotto la curva ospiti e, neppure un minuto dopo, ha incassato il pareggio del Varese.

Certamente. E il discorso vale soprattutto per un ruolo delicato come quello del portiere: basta un secondo di disattenzione e la frittata è fatta.

È stato l’ennesimo segnale di forza del campionato e potrei dire che il campo, ai limiti della praticabilità, ci ha penalizzato perché il nostro gioco parte sempre dal portiere. Ma da ex portiere mi ha stimolato molto quell’atmosfera: i campi pieni di fango e le situazioni difficili mi hanno sempre dato grandi emozioni.

Il rischio di sottovalutare impegni con squadre che hanno molto meno punti dei nostri non c’è perché questo Varese vuole sempre vincere.

Il segreto del Varese sta, prima di tutto, nell’umiltà: i ragazzi si sono calati subito nella parte e il connubio tra dirigenza, staff tecnico e giocatori ha dato slancio al nostro percorso. Abbiamo una squadra fatta solo di persone disponibili, che hanno voglia di lavorare e di sacrificarsi per raggiungere la meta.

No perché si ripartiva da zero e ad agosto ci siamo ritrovati all’ultimo momento. Melosi ha unito subito il gruppo, Improta ha messo benzina con una preparazione di un’altra categoria, i giocatori sono stati sempre disponibili e i dirigenti non ci hanno fatto mancare nulla.

Rispondo dicendo che non l’ho ancora conosciuto e non vedo l’ora di poter stringergli la mano. Ha fatto una carriera invidiabilissima e da lui ho solo da imparare.