«Flavia e Roberta il tennis vi ringrazia. Ora siamo più forti»

È l’apoteosi delle nostre ragazze agli U.S. Open. Fanno festa i maestri e i circoli del Varesotto: «Questa impresa farà avvicinare tante ragazze»

Flushing Meadows, esterno giorno. Il campo è più blu del cielo per una volta, perché l’impresa si sta per consumare sotto nuvole e pioggia, il set di un pomeriggio qualunque. La partita – giunta ormai al terzo set – di “storico” non doveva effettivamente avere nulla, se non la celebrazione di una campionessa a un passo dall’Olimpo nella sua collezione personale di titoli. Invece…

Invece Serena è lì che urla, come sempre. Stavolta, più che la consueta colonna sonora di colpi imprendibili, le grida assomigliano tanto al dolore per un castello di sogni che si sta sgretolando. Davanti a lei c’è una piccola (e silenziosa) italiana di nome Roberta, capace di farla viaggiare da una parte all’altra del rettangolo senza soluzione di continuità: un dritto a destra, un rovescio a sinistra, poi una smorzata deliziosa sotto rete. Che vale il punto.

È allora che anche l’italiana silenziosa si mette a gridare: «L’avete visto tutti? Come on, applaudite anche a me, c…o».
L’America, gelosa e un po’ costernata davanti alla sua regina senza più corona, sembra restia a farlo. L’Italia no. Vinci batte Williams e vola in finale degli Us Open. Pennetta batte Halep (numero due al mondo, la numero uno è la regina di cui sopra) e si accomoda dietro di lei. Vicino a lei, amica e compagna di doppio. Quella andata in scena nella tarda serata di venerdì è stata la più grande celebrazione nella storia del tennis italiano: due pugliesi all’ultimo atto di un torneo del Grande Slam, due italiane in finale dopo la doppietta di Francesca Schiavone a Parigi nel biennio 2010-2012 (una vinta e una persa), il secondo slam femminile già in tasca dalla serata di venerdì.

Ce n’è per sconvolgere il mondo della racchetta tricolore, anche quello varesino. Il quale non è riuscito a dividersi nel tifo delle due figlie di un popolo che ha improvvisamente riscoperto la magia dello scambio: semplicemente si è seduto davanti alla tv e si è goduto l’evento, lisciandosi le penne. È successo al Tennis Club di Gallarate, per esempio, tutti dietro al consigliere: «Alla vigilia Pennetta aveva qualche possibilità di battere Halep – afferma – ma la Vinci no. Era sfavorita in tutto: tecnicamente, nelle motivazioni, a livello ambientale. Si tratta della più grande impresa del tennis italiano». La domanda arriva scontata in questi casi: quanto fa bene una finale del genere al movimento? «Porta molta visibilità ed è in grado di dare input positivi per le giovani che intendono praticare questo sport». «Grazie a questa fenomenale generazione di ragazze il numero degli iscritti sta già aumentando notevolmente – risponde invece, maestro del Tennis Club Ispra – Risultati come questi non possono che confermare la tendenza. Donne meglio degli uomini? Di certo sono più facili da allenare perché seguono maggiormente i consigli dei coach. Il livello maschile, poi, è talmente alto che devi essere un campione stratosferico nella testa e nel fisico per competere».

Per il sesso forte, ma non con la racchetta in mano, è tempo di guardare: «Restiamo aggrappati alle imprese sporadiche di Fognini – continua Zanovello – E c’è un problema di ricambio generazionale: solo le vittorie aiutano le vittorie». Già, come quella di ieri sera.
Pennetta-Vinci ha diversi sentieri che arrivano alla gioia: «Era la prima finale per tutte e due – chiude il consigliere – Sono pugliesi entrambe, quasi coetanee e si conoscono fin da quando erano bambine. Oltretutto giocano il doppio insieme. Si tratta di una bellissima storia». Perché davanti a una finale così anche la cronaca può concedersi una pausa: in un viaggio di siffatta specie contano le tappe.