«Fossi stato colpito più giù non so come sarei ridotto»

Dopo l’agguato degli ultrà - Allenamenti a porte chiuse. Parlano il preparatore Arrigotti e alcuni giocatori

«Allenamento a porte chiuse»: così recitava il cartello apposto ieri sui portoni dello “Speroni”, alla ripresa del lavoro dopo l’assalto al pullman.

Porte chiuse, almeno per il momento: misura temporanea presa dalla società a scopo precauzionale dopo il fattaccio di domenica sera. Nonostante tutto, però, il clima all’interno della squadra è relativamente sereno. Per quanto possa esserlo in un momento come questo. I giocatori, pur scossi per l’accaduto, hanno espresso ai tecnici e la volontà di chiudere la stagione nel miglior modo possibile, anche adesso che la retrocessione in Serie D è diventata una certezza. «L’episodio di domenica sera – hanno confidato un paio di giocatori tigrotti – è grave in se stesso, ma fa ancora più male se pensiamo che ci viene imputata mancanza di impegno. Avremo i nostri limiti tecnici, questo è fuori di dubbio, ma la maglia abbiamo sempre cercato di onorarla, sia in partita che negli allenamenti». Resta l’amarezza di squadra, staff e società per una contestazione che è rapidamente degenerata, e che avrebbe potuto avere conseguenze ancor più gravi.

Il bilancio finale è di un lieve ferito – il preparatore atletico , colpito (per fortuna in modo superficiale) da una bottiglia di birra Peroni – senza contare gli ingenti danni al pullman (parabrezza e finestrini distrutti). A questo proposito, emergono nuovi particolari sulla ricostruzione dell’episodio: stando a quanto dicono i presenti, i vetri e il parabrezza del veicolo sono stati rotti in un secondo tempo. I “tifosi” che sono saliti sul pullman hanno infatti potuto farlo senza problemi, visto che è stato lo stesso autista – forse mal consigliato – ad aprire imprudentemente le porte. A quel punto si è scatenato il putiferio: quattro-cinque minuti di urla, insulti, richiesta di consegnare le maglie e schierare la “Berretti” nelle prossime partite. La digos e le forze di polizia sono al lavoro per identificare i responsabili, alcuni dei quali avevano il volto incappucciato e le mani avvolte in guanti di pelle.

Il preparatore Arrigotti sporgerà denuncia: «Se quella bottiglia mi avesse colpito qualche millimetro più giù, non so adesso come sarei ridotto – commenta amareggiato il “prof”, che ieri ha seguito l’allenamento in borghese dalla pista di atletica – È molto grave che quei “tifosi” siano stati fatti salire, anche perché in mano, anziché le bottiglie, avrebbero potuto avere qualsiasi cosa». Ovviamente il fatto è stato subito stigmatizzato dalla società. è delusa: «Non me l’aspettavo assolutamente, anche perché i tifosi hanno sempre detto di volermi sostenere. Così facendo però si fa solo il male della Pro Patria. Le contestazioni sono legittime, ma non devono mai scadere nella violenza». Va detto che, al momento, i club del tifo organizzato non hanno espresso posizioni ufficiali sull’accaduto.

Sono però arrivate parecchie reazioni riguardo all’ipotesi, ventilata anche nel comunicato stampa societario di lunedì, riguardo a una possibile nuova riammissione in Lega Pro per la prossima stagione: a sorpresa (ma neanche troppo) sui social e i forum sono moltissimi i tifosi biancoblù che non gradirebbero questa prospettiva: «Siamo retrocessi per due volte di fila sul campo, e ora è giusto ripartire dalla D» il succo del discorso. Staremo a vedere gli sviluppi. Prima bisogna portare a termine con onore questo campionato: domenica alle 17.30 arriva allo “Speroni” il Südtirol (privo dello squalificato difensore Crovetto). La squadra prova a ritrovare la tranquillità. E alla fine dell’allenamento di ieri, è servito a stemperare la tensione un piccolo brindisi per il 20° compleanno di , figlia di Patrizia Testa e addetta stampa della Pro Patria. Un po’ di quiete, dopo la tempesta.