«I giocatori si scoprono in allenamento. E un procuratore non deve vendere sogni»

L’ufficio di Ottorino Piotti sono i campi della Serie C e D: «Con i calciatori e le famiglie bisogna essere sinceri»

Si definisce un “procuratore da strada” Ottorino Piotti, che per gli amici e per chi è nell’ambiente del calcio è solo “Pio” o “Otto”. Il suo ufficio sono i campi di calcio della Serie D e della Serie C. Ambienti spartani, lontano dalle hospitality o dagli sky box degli stadi di Serie A.

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Certo, un punto di appoggio lo ha di sicuro, ma «se vuoi fare questo lavoro i giocatori li deve vedere sul campo quando giocano e quando si allenano e direi soprattutto quando svolgono il lavoro in settimana. È lì che hai la percezione di come affrontano il quotidiano oltre anche a prendere informazioni su come svolgano la vita lontano dal campo. Con ciò non voglio dire che la partita alla domenica non sia importante: ci mancherebbe. Ma un giocatore, soprattutto se giovane, lo devi vedere a trecentosessanta gradi per capirne le potenzialità».

E allora non si contano «le partite che vedi dal vivo e, a dire il vero, non ho mai tenuto una contabilità anche se ad occhio e croce dovrebbero aggirarsi sulle duecento senza poi dimenticare quelli che vedi in televisione».

Chilometri Piotti ne macina fra giocatori da osservare e giocatori che sono suoi assistiti «a cui stare vicino e, per fare un esempio, questa settimana dovrò andare a Padova per parlare con un mio giocatore che ha qualche problema. Fa parte del lavoro, altrimenti arrivano gli altri procuratori e te lo portano via e tu hai buttato via anni di lavoro».

Eppure proprio la categoria dei procuratori è finita la scorsa estate nell’occhio del ciclone della critica, scatenando polemiche per l’esosità delle commissioni che vengono percepite anche se, dal racconto di Piotti, sembra che esistano due realtà all’interno dello stesso pianeta: «Questo però riguarda i livelli alti – precisa l’ex portiere del Milan – non certo chi, come me e il mio socio (Omar Frontini), gira in lungo e in largo nelle categorie dilettantistiche incontrando difficoltà

tutti giorni. Facciamo un lavoro di scouting, individuiamo il giocatore che possa avere delle prospettive e sia con lui che con la famiglia parliamo molto schiettamente e seriamente. Non vendiamo illusioni e né promettiamo chissà quale carriere. C’è chi questo discorso lo capisce e ti segue e chi invece quando gli parli che il figlio più di tanto non può andare avanti, non ti ascolta. È successo che magari prendi un giocatore ancora adolescente, gli dai delle prospettive e poi magari ti abbandona perché si è fatto condizionare da un altro procuratore che gli ha promesso le stelle e tu ti ritrovi ad aver lavorato per nulla».

Ma non mancano le gratificazioni per “Pio” ed una su tutte si chiama Stefano Moreo del Venezia (Serie B), «un attaccante che giovanissimo giocava nell’Alcione e mi chiamò il padre per fare qualcosa: il figlio voleva smettere. Gli parlai e lo convinsi a venire alla Caronnese (Serie D) dove giocò nella Juniores e poi andò in prima squadra. È un bravo ragazzo oltre ad avere doti importanti di bomber. Ha giocato nell’Entella (Serie B) e ora è al Venezia e su di lui hanno già cominciato a mettere gli occhi anche società di serie A».

Ma altri giocatori ha individuato Piotti e, sempre partendo dai dilettanti, sono arrivati al professionismo il terzino sinistro Mignanelli (Ascoli) con un trascorso alla Pro Patria, l’attaccante Lanini (Vicenza), e il portiere Sala(Ternana), anch’egli cresciuto nel vivaio della Pro.

Piotti alla scelta di fare il procuratore ci arriva dopo due esperienze di direttore sportivo «alla Solbiatese e al Voghera anche se in situazioni difficili dal punto di vista societario e come diesse avrei dovuto cominciare all’Atalanta, ma non se ne fece nulla anche se furono loro a farmi la proposta quando ero all’ultimo anno da giocatore col Genoa. Il lavoro di procuratore me lo propose lo studio Vigorelli-Morabito, molto conosciuto nel calcio, ma il mio desiderio era di lavorare in proprio e quindi con un socio, molto bravo nella parte normativa, abbiamo deciso di dedicare la nostra attenzione al mondo dilettantistico. Volevo e voglio fare un qualcosa che mi piace e mi diverte senza altri inghippi. Faccio un lavoro che mi gratifica anche se è dura, trovi dell’ingratitudine e soprattutto non ti devi mai fermare mentalmente e fisicamente. C’è una realtà che la gente non conosce e pensa sia tutto facile anche se, come ho detto prima, le soddisfazioni ci sono».

Arrivano da un ufficio che non ha né porte, né finestre, ma deborda di emozioni e un cuore appassionato come Ottorino Piotti lo sa.