«Il mio Nicola darà tutto se stesso. E io diventerò un tifoso di Varese»

Il rapporto con Caja, la stima per Bulgheroni, i ricordi da avversario e... un figlio in serie A: ecco Gino Natali

Gino Natali è sempre stato, sportivamente inteso, un avversario di lusso della Pallacanestro Varese.

I casi della vita hanno voluto che da qualche giorno ne sia diventato uno dei tifosi più accaniti.

Nativo di Montecatini, classe 1950, Gino ha dedicato una carriera intera alla pallacanestro, prima da giocatore e poi da dirigente, in piazze storiche come Roma e Milano. Per nove anni ha scelto come allenatore delle sue squadre un tale Attilio Caja. Ora lo stesso Caja allenerà il suo figlio, Nicola Natali, che ha di recente firmato un biennale con la società di piazza Monte Grappa.

Corsi e ricorsi storici, percorsi che si intrecciano ed emozioni che inevitabilmente affiorano. Nicola ha trascorso l’intera sua carriera in A2 tra Montecatini, Trento, Forlì, Barcellona e Casale. Ora, a quasi 29 anni, la possibilità di misurarsi in Serie A: una chance che val bene un intervista. A papà Gino…


Parto con il dire che mai prima d’ora, nella mia lunga esperienza nel basket, mi era capitato di parlare di mio figlio in un’intervista. È una bellissima cosa, la mia vita è sempre stata legata alla pallacanestro ed avere un figlio che gioca ed arriva in Serie A è una cosa che mi emoziona. A Varese ci sono passato da giocatore, ogni volta che Meneghin mi faceva un blocco restavo per due minuti senza il fiato. A Masnago ci sono venuto con Montecatini, con Roma, con Milano, pensare di venirci ora per veder giocare mio figlio è una bella emozione, lo ammetto.


Ha deciso lui di prendere questa decisione e quando l’ha fatto non eravamo nemmeno vicini, perché Nicola era all’Isola d’Elba. È convinto di poter far qualcosa di buono anche se sa che sarà dura per lui. Ha giocato otto anni in A2 da protagonista, ora avrà un ruolo diverso. Però è uno che difende alla morte, che dà tutto per la squadra e darà tutto se stesso in questa avventura. Ha affrontato da solo questa scelta, io non ho mai voluto incidere su queste situazioni tanto che, come ho detto, sono rimasto a distanza. Lui ha parlato con Coldebella, con il coach, io ho seguito a distanza l’evolversi della situazione senza intervenire e devo dire che sono davvero contento.


Assolutamente, l’ho avuto nove anni come allenatore tra Roma e Milano, e questo implica che tra me e lui ci sia un rapporto particolare. Ci siamo sentiti in questi giorni. Io sarò un tifoso di Varese anche perché, oltre a Caja, in società c’è una persona che stimo immensamente, ed è Toto Bulgheroni. Poi c’è Claudio Coldebella che è un bravissimo ragazzo, ma anche Massimo Bulleri: sono stato al suo addio al basket proprio a Varese poche settimane fa, perché lui è una persona che merita assolutamente.


Io posso dire di aver avuto una storia particolare con Varese: per due anni ho giocato a Genova con la maglia sponsorizzata Emerson, uno sponsor che veniva da Varese dunque. In quella squadra c’erano Dodo Rusconi, Giancarlo Gualco, Enzo Carraria, Mauro Salvaneschi. Erano dei ragazzi che vennero mandati da Varese a farsi le ossa in A2: quell’anno, era il 1976, fummo promossi in A1. È uno dei tanti ricordi che mi lega a Varese, così come le grandi battaglie vissute da dirigente quando ero a Roma prima e a Milano poi. Derby incredibili, bellissimi, all’inizio si giocava al Pala Lido, poi al Forum. A volte vincevamo noi, a volte vinceva Varese.

Ma perché mi deve ricordare queste cose? (abbozza con un sorriso) Me lo ricordo bene quel canestro, proprio alla fine, eravamo in casa nostra. E mi ricordo bene anche La Rue, era piccolino. Ci ha punito all’ultimo secondo. D’ora in poi però sarò un tifoso biancorosso.